Mio padre non ha preso un euro da Romeo. Mentre invece ha preso migliaia di euro da Marco Lillo e da Il Fatto Quotidiano“. E’ l’affondo, senza mezzi termini, di Matteo Renzi, senatore e leader di Italia Viva, a margine dell’udienza del processo Consip in programma oggi, 6 dicembre, in tribunale a Roma. Davanti ai giudici dell’ottava sezione penale, c’è stata la testimonianza di Renzi che poi, rispondendo a una domanda del giornalista Marco Lillo, ha fatto riferimento alle condanne per diffamazione ricevute dal Fatto, dal suo direttore Marco Travaglio e anche dallo stesso vicedirettore Lillo che hanno “fruttato” oltre 150mila euro a papà Tiziano.

L’audizione dell’ex premier era prevista per il 29 novembre scorso, ma in apertura d’udienza il pm Mario Palazzi aveva comunicato l’assenza del leader di Italia Viva che si trovava all’estero. Imputati in questo filone di inchiesta Consip, tra gli altri, ci sono Tiziano Renzi, padre di Matteo, gli imprenditori Alfredo Romeo (editore anche de Il Riformista) e Carlo Russo, l’ex parlamentare Italo Bocchino, l’ex ministro Luca Lotti e l’ex generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia.

Nel corso della sua testimonianza, Renzi ha poi aggiunto: “Oggi mi sento in colpa per non aver creduto a mio padre. In questa vicenda ho fatto il capolavoro di non credere a mio papà mettendo a dura prova il rapporto padre-figlio su una vicenda che politicamente non esiste. La vicenda vera è quella delle mascherine, quelli sono appalti importanti”. L’ex premier ha ricordato che “con mio padre ho avuto qualche discussione. Leggo su un quotidiano che mio padre avrebbe fatto un incontro in una bettola segreta e allora chiamo mio padre e alzo un po’ la voce. Mio padre non me lo vedevo a fare traffichini, e infatti gli unici soldi che ha preso sono quelli delle cause per le diffamazioni”.

LA VICENDA GIUDIZIARIA – Tiziano Renzi è stato rinviato a giudizio per traffico di influenze insieme a Romeo. Secondo la ricostruzione della procura capitolina, l’imprenditore sarebbe stato raccomandato all’amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, il quale però non è indagato e – interrogato dall’oramai ex magistrato Pignatone – ammise di avere ricevuto delle raccomandazioni ma giurò di non averne ricevute per Romeo.

La contestazione è quella relativa alla gara Fm4 da 2,7 miliardi. Tiziano Renzi dovrà dunque rispondere dell’accordo che, secondo gli inquirenti, avrebbe stabilito con l’imprenditore Carlo Russo che, “sfruttando relazioni esistenti con Luigi Marroni, ex Ad di Consip Spa, relazioni ottenute anche per il tramite (..) di Tiziano Renzi”, sarebbe intervenuto per “facilitare la Romeo Gestioni” che intendeva aggiudicarsi un lotto della gara da 2,7 miliardi di euro bandita dalla Consip. Russo, secondo le accuse, avrebbe tra l’altro ottenuto numerose ospitalità negli hotel di proprietà del gruppo Romeo, nonché si faceva promettere denaro in nero per sé e per Tiziano Renzi nonché promettere la stipula di un contratto di consulenza”. Un reato continuato fino all’autunno del 2016 e quindi a rischio prescrizione.

 

 

 

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