Rinvio a giudizio per Matteo Renzi e altri dieci indagati. È questa la richiesta della Procura di Firenze nei confronti del leader di Italia Viva per l’inchiesta riguardante le presunte irregolarità nei finanziamenti a Open, la fondazione renziana nata per sostenere le iniziative politiche dell’ex presidente del Consiglio.

Tra gli indagati per i quali è stato chiesto il processo spiccano alcuni nomi ‘importanti’: ci sono infatti i parlamentari Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Gli altri indagati sono Patrizio Donnini, Alfonso Toto, Riccardo Maestrelli, Carmine Ansalone, Giovanni Caruci e Pietro Di Lorenzo.

L’udienza preliminare si terrà il prossimo 4 aprile. L’inchiesta della procura fiorentina, guidata da Giuseppe Creazzo, è stata condotta dal procuratore aggiunto Luca Turco e il pubblico ministero Antonino Nastasi.

Le accuse

Quanto ai reati contestati, si va a vario titolo dal finanziamento illecito ai partiti al traffico di influenze, fino a corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e autoriciclaggio.

In particolare Renzi, che i magistrati di Firenze ritengono il direttore di fatto dell’ex fondazione Open, è accusato di finanziamento illecito ai partiti in concorso con l’ex presidente di Open, avvocato Alberto Bianchi, con i componenti del cda, Marco Carrai, Luca Lotti e Maria Elena Boschi e con l’imprenditore Patrizio Donnini.

Il deputato del PD Luca Lotti, Alberto Bianchi, Patrizio Donnini dovranno difendersi anche dall’accusa di corruzione insieme al costruttore Alfonso Toto. In particolare sono due gli episodi corruttivi contestati a Lotti, ex membro del cda della Fondazione e membro del governo tra il 2014 e il 2017, prima come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e segretario del Cipe e come ministro dello Sport. Proprio durante quest’ultimo periodo, secondo i magistrati, si sarebbe adoperato per disposizioni normative favorevoli a due società che aveva finanziato Open, la Toto Costruzioni e la British American Tobacco.

Renzi denuncia i magistrati di Firenze

La reazione del leader di Italia Viva non si è fatta attendere. Matteo Renzi ha infatti annunciato di aver firmato “una formale denuncia penale nei confronti dei magistrati Creazzo, Turco, Nastasi“. Nella nota dell’ufficio stampa di Renzi che ha dato la notizia si precisa che “l’atto sarà trasmesso alla procura di Genova, competente sui colleghi fiorentini” e che l’ex premier “ha chiesto di essere ascoltato dai pm genovesi riservandosi di produrre materiale“.

Io non ho commesso reati, spero che i magistrati fiorentini possano in coscienza dire lo stesso“, è il commento di Renzi. Per il senatore di IV la richiesta di rinvio a giudizio è “un atto scontato e ampiamente atteso che arriva ad anni di distanza dai sequestri del novembre 2019 poi giudicati illegittimi dalla Corte di Cassazione. Finalmente inizia il processo nelle aule e non solo sui media. E i cittadini potranno adesso rendersi conto di quanto sia fragile la contestazione dell’accusa e di quanto siano scandalosi i metodi utilizzati dalla procura di Firenze“.

L’inchiesta

L’indagine sulla fondazione renziana, nata anche per finanziare le convention annuali della Leopolda ideate da Renzi fin dal 2010, è nata nel 2019 dopo che la procura di Firenze delegò alla Finanza decine di perquisizioni nei confronti di finanziatori della stessa Open. All’avvocato Bianchi, che ne era il presidente, era stata sequestrata la lista dei finanziatori, molti dei quali poi risultati estranei all’inchiesta.

Inchiesta che ruota attorno alla natura stessa di Open, che secondo la Procura avrebbe agito come un vero e proprio partito, base operativa della corrente renziana del Pd.

La difesa di Renzi

In una memoria difensiva depositata lo scorso 15 dicembre, Renzi aveva provato a smontare tutte le accuse rivolte nei suoi confronti.  Un documento nel quale si sostiene l’inesistenza del ruolo di direttore di fatto della fondazione Open che l’accusa attribuisce al leader di Iv: “Dagli atti di investigazione – si spiega – non emerge alcun comportamento gestorio, di amministrazione, di direzione tecnica, di controllo posto in essere” da Renzi che “non ha mai neppure partecipato ad un consiglio direttivo della fondazione”. “Affermare dunque, che il senatore Matteo Renzi abbia diretto” Open “risulta un modo surrettizio per inserire capziosamente” l’ex premier nell’indagine.

Ancora, l’accusa formulata a suo carico sarebbe “fondata su premesse di fatto grossolanamente erronee e arbitrarie, e su manifeste violazioni delle guarentigie costituzionali poste a tutela della funzione parlamentare”. In particolare, “è profondamente errata l’affermazione circa l’esistenza di una corrente renziana” dentro il Pd: è “un autentico sproposito dal punto di vista politico, reso ben più grave per essere contenuto e ribadito negli atti di una indagine penale”.

Nella memoria Renzi presenta cinque istanze difensive e formula altrettante istanze istruttorie: tra queste “espellere dal fascicolo” qualsiasi “corrispondenza indebitamente acquisita” senza “il rispetto dell’articolo 68 della Costituzione; verificare quali spese asseritamente in favore” del senatore Renzi siano state effettuate tra febbraio e maggio 2017, periodo in cui “diversamente da quanto affermato nel capo di incolpazione, non ha rivestito la carica” di segretario del Pd; “espellere dal fascicolo ogni e qualsiasi riferimento all’asserito finanziamento illecito” per le iniziative della Leopolda “sulla quale si è già formato un giudicato parziale, essendosi espressa la Corte di Cassazione”.

(in aggiornamento)

Redazione

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