Come ha ricordato Piero Sansonetti su questo giornale i numeri dei reclusi che hanno beneficiato di questa utile precauzione salutare e umanitaria, e la loro pericolosità non sono in alcun modo proporzionati a un allarme così carico di elementi forcaioli. L’unica spiegazione è che Molinari, infastidito dalle profezie che lo danno per uomo “di destra” che certamente non è, abbia adottato lo slogan francese Pas d’ennemis à gauche, mai avere mai nemici a sinistra, specialmente se devi fare una politica di destra. Sarebbero le nostre solo congetture se però non fossero capitati altri incidenti: ecco che salta fuori uno screenshot di Repubblica. Una foto che testimonierebbe l’affollamento sui Navigli milanesi in barba al Covid 19 viene smontata sui social come taroccata, cioè manipolata e dunque falsa. Pubblicare immagini certe e certificate oggi è difficilissimo perché tutti sappiamo che Photoshop e fake, manipolazioni e falsi, costituiscono il nuovo scivoloso terreno sul quale chi fa un giornale rischia di farsi male. Una foto, si dirà, è soltanto una foto, ma non si tratta solo di questo.
Repubblica sempre più appare sdraiata sulla linea dell’avvocato Conte e il suo sciagurato governo. E così la Repubblica di ieri apriva la prima pagina con una intervista al ministro dell’Economia Gualtieri sotto un titolo baldacchino, assolutamente sottomesso: “Capisco la rabbia. Aiuteremo tutti”. Già vi par di sentire il caposcorta che sussurra: “Presto, eccellenza, non c’è un momento da perdere, la folla è inferocita, i gendarmi sono pochi e male armati, ma un sottomarino ci attende al largo”. E poi, colmo della sfiga, arriva questo scoop su Silvia Romano che porta Repubblica a un incidente – ooops – di un genere sconosciuto al suo direttore. Che succede? Che il quotidiano pubblica una segretissima intervista (del genere detto in gergo “aum-aum”, cioè senza prove certe) con un sedicente membro della banda che ha rapito Silvia Romano, e poi si scopre che quel tizio che ha parlato con Repubblica è morto da 6 anni. Hanno fatto uno scherzo? Se lo sono fatto da soli?
La “gola profonda” si era qualificata come un pezzo grosso del jihadismo e “portavoce” dell’organizzazione al-Shabaab, che ha tenuto prigioniera per tutto questo tempo la povera Romano, raccontando dettagli sul rapimento e le sue conseguenze. E poi salta fuori un vero appartenente vivo dell’organizzazione che dichiara che questo Ali Dehere era stramorto. Anche la credibilità comincia a soffrire. Tutte cose che capitano, per carità. Ma quando capitano a un direttore incartato nella plastica con le palline e che sembra aver preso le prime curve a centocinquanta, be’, si resta interdetti. lo ammiro Molinari come analista e scrittore e credo lo sappia. Ma proprio per questo vorrei dirgli, come faceva parte del genoma originario, perché non provi a fare Repubblica senza effetti speciali da autoscontro? Questi accidenti raramente portano bene.
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