La novità
Lo schwa al posto del maschile generico: è italiana la casa editrice che lo utilizzerà per la prima volta

E’ italiana la prima casa editrice che utilizzerà lo schwa nella linea editoriale delle prossime pubblicazioni. Silvia Costantino e Francesco Quatraro, editori della Effequ, hanno deciso di accogliere la proposta della sociolinguista Vera Gheno di sostituire il maschile generico con lo schwa “ə”. Nel suo ultimo libro Femminili singolari, la traduttrice aveva espresso la sua idea di dirigere la lingua e la scrittura in una direzione più inclusiva possibile introducendo lo Schwa come opzione grafica per indicare un ‘neutro’.
Infatti, per indicare un generico di solito viene utilizzato il simbolo dell’asterisco (*) sia per evitare la ripetizione del doppio genere sia per evitare il problema ormai sotto studio da anni del maschile generico. “In italiano – scrive Vera Gheno – alcuni tentativi per far riemergere una sorta di neutro hanno portato all’impiego, nello scritto, dell’asterisco in fine di parola: car* tutt*; un uso interessante e molto espressivo, forse più elegante del raddoppio care tutte e cari tutti, che può effettivamente diventare molto farraginoso, ma con un difetto che non può che limitarne l’impiego su ampia scala: l’impronunciabilità”. Lo schwa rappresenta così “la vocale media per eccellenza e il vantaggio è che, al contrario di altri simboli non alfabetici, ha un suono e un suono davvero medio, non come la U che in alcuni dialetti denota un maschile”.
Non è nuova, infatti, la “lotta” contro i clichè e i pregiudizi di genere per rendere l’italiano una lingua meno caratterizzata dal predominio del genere maschile. Sia per una parità dei sessi, sia per favorire la comunità Lgbt eliminando le barriere di una stereotipizzazione di genere. Per questo l’invito della sociolinguista è stato non soltanto visto di buon occhio ma addirittura argomento di adozione nei libri. Come dichiarano gli stessi editori, “in un momento in cui si vanno sperimentando diverse soluzioni per accompagnare l’innovazione linguistica in una direzione più inclusiva, la Effequ ha avviato una riflessione sul proprio ruolo, adottando l’utilizzo dello schwa (ə) per marcare le forme non binarie”. La loro linea editoriale si basa proprio sull’attenzione alla lingua e all’espressione, rendendosi così recettiva “ai nuovi immaginari in circolazione sul piano dei contenuti quanto su quello degli stili e dei linguaggi”.
Ad adottare ufficialmente il nuovo simbolo sarà la collana Saggi Pop che, com’è intuibile dalla parola, è ibrida e trasversale. “Questo si è da sempre manifestato nella ricerca di proposte semplici ma autorevoli, inclusive ma non invasive – spiegano Silvia e Francesco – La ricerca della narrativa si declina nella ricerca di voci italiane originali, capaci di rappresentare il momento che viviamo, che si spingono oltre il semplice narrare e sono in grado di arrivare, davvero, a tuttə”.
COS’E’ LO SCHWA – Lo schwa “ə” è un simbolo e suono senza tono, non molto familiare per chi parla e scrive una lingua europea ma un must nell’inglese moderno e utilizzato da decenni dai linguisti. Presente nell’alfabetico fonetico internazionale, e quindi riconosciuto a livello globale, lo schwa identifica una vocale intermedia il cui suono si pone esattamente a metà strada fra le vocali esistenti. Uno degli ostacoli per cui è sconosciuto ma soprattutto poco usato nelle lingue europee, è che non c’è un modo per digitarlo facilmente sulle tastiere di pc e smartphone.
Ma, dall’altro punto di vista, si spinge molto per adottarlo come simbolo neutro intermedio tra il genere maschile e quello femminile. Lo schwa si presenta così come il simbolo ideale per quando si vuole parlare al pubblico, perché elimina i limiti nel parlato dell’uso di asterischi e altri segni grafici. Ma anche nella scrittura italiana potrebbe essere una svolta a livello linguistico sia internazionale che sociale, come testimonia l’iniziativa della casa editrice Effequ. Come convenzione grafica, in realtà, lo schwa è già stato utilizzato alla fine dell’Ottocento con il celebre linguista Ferdinand de Saussure, il quale teorizzò che l’indoeuropeo avesse un’unica vocale indistinta, appunto lo schwa, da cui ogni lingua avrebbe sviluppato in maniera autonoma le vocali che conosciamo oggi.
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