La magistratura è sempre di più in prima fila per tutelare l’affare dell’alta velocità. Due militanti NoTav sono finiti in carcere, altri 2 ai domiciliari e in 9 sono destinatari di obbligo di firma con divieto di risiedere nei comuni della Val di Susa accusati di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e violenza privata in relazione a sit-in e manifestazioni sia davanti ai cantieri sia a Torino città. “Utilizzo di artifici pirotecnici” si legge nella misura cautelare. Cioè nell’Italia del governo dei migliori si finisce in galera per quattro fumogeni mentre si protesta legittimamente contro un’opera che da 30 anni sta devastando un territorio un tempo tra i più incontaminati del paese.

Il movimento NoTav in un comunicato fa osservare: «In Val di Susa abbiamo vissuto anni di pandemia in cui mentre chiedevamo risorse per affrontare la crisi sul territorio, mentre cercavamo di prenderci cura della nostra comunità e dei nostri affetti il sistema del Tav occupava intere porzioni del nostro territorio con migliaia di uomini, idranti e lacrimogeni per installare cantieri che servono solo a drenare denaro pubblico. Il nostro è un movimento con decenni di storia alle spalle, abbiamo visto passare governi, questori e prefetti. Abbiamo sempre deciso collettivamente come portare avanti la nostra resistenza, come affrontare la violenza istituzionale che nonostante la contrarietà popolare all’opera ha militarizzato senza remore un’intera valle. Non ci faremo certo intimorire da questa operazione, consapevoli che in questi tempi di guerra, crisi climatica e sociale la nostra lotta, nel nostro piccolo, è uno spiraglio per costruire una speranza per il futuro».

Il movimento denuncia il tentativo con questa operazione di arrivare a una divisione tra buoni e cattivi. È stato perquisito il centro sociale Askatasuna del quale politici particolarmente zelanti insistono a chiedere la chiusura. Il problema è politico ma come al solito viene presentato come questione primaria di ordine pubblico. Nel caso specifico magistratura e politica appaiono sempre più unite nella lotta a tutelare tra l’altro appalti e lavori sulla cui trasparenza si è sempre fatto a meno di indagare in profondità. Sarebbero in sintesi gli unici appalti puliti in un paese che spesso viene presentato come un enorme tangentificio. Insomma si tratterebbe della classica eccezione che conferma la regola. Invece ogni energia investigativa è concentrata su chi si oppone all’opera forzando le procedure fino a contestare nel recente passato la finalità di terrorismo poi caduta in Cassazione dove alcuni giudici facevano notare che evidentemente “il troppo è troppo”.

Si trattava del famoso teorema Caselli una sorta di teorema Calogero del terzo millennio dove l’allora procuratore generale Marcello Maddalena era arrivato a paragonare le molotov che avevano bruciacchiato un compressore del cantiere di Chiomonte al rapimento di Aldo Moro. Fosse passata una linea del genere a livello giurisprudenziale qualsiasi manifestazione con azioni violente sarebbe stata contestata come “terrorismo di piazza” ipotesi già più volte ventilata da alcuni sindacati di polizia insieme a loro “agganci” parlamentari. La procura di Torino però non demorde: per chi accende fumogeni c’è persino la galera. E l’operazione di ieri vuole avere un significato forte di deterrenza nei confronti di chi continua a contestare la realizzazione di un’opera di cui si parla da decenni e che non appare molto lontana dalla conclusione. Probabilmente non è solo merito/colpa dei NoTav, ma esistono incertezze e dubbi pure a livello di potere soprattutto in relazione ai costi.