Gabriella Stramaccioni è garante dei detenuti per la città di Roma. Quello che pubblichiamo è un suo appunto scritto ieri.

Questa mattina preparo le visite in carcere che debbo fare oggi: la signora in attesa di due gemelli per la quale, insieme al garante regionale, abbiamo chiesto il differimento pena o l’affidamento in comunità. Il procedimento è fuori regione e ad oggi non è arrivata ancora nessuna comunicazione. La signora rischia di partorire in carcere.

Il signore di 82 anni, malato terminale, che è stato portato in prigione qualche giorno fa perché aveva avuto una discussione con la comunità della quale era ospite. Ho trovato una accoglienza in questi giorni e cerco di farlo uscire al più presto.

Il ragazzo di cui sono tutore (nessuno voleva fare il tutore) e che vogliono spostare in altro carcere. La ragazza dal nome impossibile, senza fissa dimora, per la quale il magistrato concederebbe i domiciliari (ma bisogna trovare un domicilio). Il ragazzo entrato a settembre, per il quale non sono stati ancora autorizzati i colloqui. Il signore ricoverato al reparto protetto del Pertini per il quale ho più volte sollecitato le visite specialistiche.

E tante altre segnalazioni giunte in questi giorni. Perché il carcere è questo: immutabile nel suo dolore, granitico nell’applicazione della legge afflittiva e carente nell’applicazione della giustizia sociale e del sentimento di umanità.