In prossimità della festa del papà, l’ INPS ha mostrato che tra il 2013 e il 2022, la percentuale di padri che hanno usufruito del congedo obbligatorio di paternità è più che triplicata riflettendo un loro movimento crescente di essere più presenti nella vita dei propri figli.
(Attualmente, ricordiamolo, questo diritto è di 10 giorni retribuiti al 100% rispetto ai 5 mesi spettanti alla madre, retribuiti all’80%, fermo restando la proposta di legge presentata il 5 febbraio scorso per l’allungamento del congedo di paternità ai pari 5 mesi e l’innalzamento della retribuzione al 100% per quello di maternità).
Nello specifico, la percentuale è passata dal 20% del 2013 al 64,5% del 2022 con prevalenza nelle Regioni economicamente più forti e via via scemando verso il Sud Italia quasi quale risposta primaria alle esigenze lavorative. Ma non c’è solo questo, in atto c’è una nuova tendenza culturale desiderata e in parte costretta.
Considerato infatti che i nuclei familiari hanno oggi una durata media di 7 anni, i padri, salvo rare eccezioni, si riscoprono obbligati alla cura dei figli almeno in alcune giornate specifiche della settimana se non addirittura, da poco, naturali permanenti collocatari.
A questo si è aggiunta da poco una nuova narrazione collettiva che li rivaluta non più come “mammi” (ovvero alter ego della mamma) ma come “nuovi papà”, come coloro cioè che partecipano volontariamente ed emotivamente alla vita dei propri figli, che fanno i codini alle figlie femmine prima della danza e che si svegliano autonomamente la notte per la poppata (con biberon pronto nel frigo).
E’ ovvio che, data la regola, anche in passato numerose siano state le eccezioni ad una delegazione continua del proprio ruolo genitoriale alla madre, però oggigiorno questo fenomeno è indiscutibilmente prevalente e inedito e accolto, tra l’altro, con estremo generale favore.
Quello che non è inedito è che il mondo maschile sia sempre più furbo di quello femminile: la donna diventata lavoratrice si è sempre portata dietro i propri irrisolti sensi di colpa (familiari e sociali), l’uomo invece, ora riscopertosi padre presente, ne ha fatto diventare un trend, una moda, quella dei “nuovi padri” non più assenti o indifferenti, ma presenti e compartecipi.
Che straordinaria e intelligente evoluzione e che efficiente narrazione rispetto a quella che ancora fa delle donne solo delle mannequin o costantemente ai margini delle stanze dei bottoni.
Ora non resta che la Politica italiana si adegui ad una società, come sempre, già avanti e di vedere poi i frutti di questa nuova sperimentazione educativa fatto di padri che, senza potersi ispirare ai propri modelli pregressi (spesso assenti o dalla cruda severità), sono ancora alla ricerca di uno proprio mediano fra l’autorevolezza da loro patita da bambini e la complicità goliardica attualmente incentivata dai più.
Nel frattempo il mondo femminile plaude.
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