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Che il femminicidio di Sara Campanella insegni ad ascoltare la paura

Avvocato, Giornalista Pubblicista e Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
Che il femminicidio di Sara Campanella insegni ad ascoltare la paura

Guai colpevolizzare la vittima, lo sappiamo tutti, ma sul femminicidio della studentessa Sara Campanella una riflessione va fatta anche perché questo è uno dei pochi casi in cui l’opinione pubblica ha potuto ascoltare gli audio della povera Sara che, qualche tempo prima del suo assassinio, si interfacciava proprio con il carnefice.

Sono infatti diverse le registrazioni diffuse postume che dimostrano il livello psicotico e paranoico di stolkeraggio subito. Messaggi dai contenuti che lasciano sbigottiti non solo dalle ripetitive sorde insistenze (e vien da chiedersi ancora una volta se sia mai possibile che tale livello di paranoicità non sia stata intercettata dai propri familiari per attivarsi a correzione del ragazzo) ma anche dalla calma e pazienza con cui Sara ne rigettava attenzioni.

Senza mai scomporsi, agitarsi, alterarsi.

Certa di fare cosa giusta nell’interesse di altre donne, voglio soffermarmi sulla calma di Sara (che è stata anche la calma della povera Giulia Cecchettin ricordate? che in questi giorni tra l’altro è stata ripagata da una condanna all’ergastolo comunque impari al male sofferto). Lei non avvertiva il pericolo bensì il fastidio dell’ossessione, della fissazione ed è questo il punto centrale della violenza: chi la subisce non la sa misurare.

Di fronte alla minaccia di un coltello chiunque scapperebbe o chiederebbe aiuto.

Invece, innanzi a quel circuito ossessivo – maniacale, Sara non aveva paura o non abbastanza da proteggersi rivolgendosi allo Stato (ammesso che poi non sia lo Stato a derubricare il tutto come “ragazzate”), forse credendo di essere in grado di governarne, gestirlo, contenere.

Un’estremizzazione delle possibilità delle donne figlia della stessa vana illusione di poter cambiare gli uomini, cambiare le situazioni, di essere capaci anche solo di sopportarne.

Non è così, non è così. Che sia maledetta la diffusa narrazione di wonder-woman che accompagna le donne che è totalmente falsa: le donne non hanno poteri straordinari e sono cadute in questa trappola identificativa costrette a fare e governare tutto (mogli, madri, figlie, lavoratrici, massaie, etc) per poco.

La paura è in primis un sistema di difesa, lo stesso che ha consentito l’evoluzione della specie: come di fronte ai lampi l’essere vivente li teme, del pari avere a che fare con un uomo ossessivo deve generare la medesima paura e non importa cosa potrebbe davvero accadere, bisogna allertarsi del pericolo in sé e quindi difendersi.

Le donne invece spesso vanno incontro al loro carnefice, lo rassicurano, lo calmano, gli spiegano e non capiscono che un cervello bacato da una volontà cogente e prevaricatrice, è già una macchina avviata ad un’azione potenzialmente pericolosa.

Donne, abbiate paura senza vergognarvi di averne e rivolgetevi ai centri antiviolenza che saranno capaci di difendervi lì dove non crederete che possa capitare proprio a voi. Non è importante se poi sarà giudicata eccessiva perché, all’opposto, non avrete prova contraria.

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