Correva l’anno 2021 e la sottoscritta definì il disegno di legge “DDL Zan”, quello per intenderci sulle “Misure di prevenzione e contrasto delle discriminazioni di genere”, una cattiva legge inserita in un cattivo contesto mediatico di tifoserie senza spirito critico.
Quanti difatti si erano presi la briga di leggere e capire davvero quei pochi e striminziti articoli? Quasi nessuno e così un testo che poteva avere un impatto deflagrante sulla libertà di adulti e bambini diventò solo un manifesto politico e come tale, poi, in Parlamento bocciato e collettivamente dimenticato.
Io non posso dimenticarlo se non altro per la shitstorm (tradotto “tempesta di cacca”) che allora si scagliò su me (paradossalmente proprio da quei sostenitori del “rispetto”), colpevole di aver dissentito e così, restato vivido nella mia memoria, ne rinfresco io qualche passaggio ora attuale più che mai.
L’articolo 7 così recitava: “Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa …e del patto educativo di corresponsabilità, …provvedono alle attività di cui al precedente periodo (promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere)”.
Le scuole dunque. Nuovamente loro al centro dell’attenzione, ieri come oggi, di coloro che dovrebbero insegnare “la sessualità, la transessualità, il rispetto, l’affettività, etc”: un tema delicato che se nel 2021 pochissimi fra psicologi ed educatori si pronunciarono pubblicamente (guardandosi bene dal parlare in un clima di diffusa e indotta afasia) , oggi entra a gamba tesa l’autorevole psicoanalista Massimo Recalcati che, dalle pagine de La Repubblica, prende una posizione netta inaspettatamente contro l’istituzione della materia “educazione alla sessualità” (da ex maestro di Matteo Renzi targato PD forse ci si sarebbe attesa una posizione diversa).
Recalcati spiega la sua contrarietà in primis argomentando che la sessualità non si dovrebbe insegnare (il rispetto e l’educazione si imparano con l’esempio che dovrebbe imperniare tutta la scuola) e in secondo luogo ponendo il cruciale problema: chi sarebbe titolato a insegnare questa materia? Mistero.
Recalcati insomma sancisce col Suo solito stile e dalla porta principale (e contraddirlo ora non sarà semplice) un principio sovraordinato: la sessualità e l’affettività non si insegnano.
Il che non vuol dire che non esista il problema (sollevato ieri come oggi), ma significa che la soluzione paventata (ore di educazione sessuale) non è rispondente e rischia di essere improduttiva o, peggio ancora, controproducente.
Altri tempi e altri modi, Vittorio Sgarbi nel 2021 etichettò l’educazione alla transomofobia come “pedofilia di Stato” una sorta di errato insegnamento a cattedra nei confronti di minori che o il sesso ancora non lo conoscevano (perché ancora biologicamente non pronti) oppure perché, più grandini, lo conoscevano e comunque non dovevano essere indotti a guardare dal buco della serratura le sue varie declinazioni. “Che non vanno insegnate” sosteneva “ma tutt’al più scoperte e vissute individualmente”.
Si è detto che invero non è il “sesso” in sé ma è il “rispetto” il centro del tema che va insegnato e che sia necessario anche per arginare la violenza di genere. Su questo mi permetto di portare la mia esperienza pluriennuale di sensibilizzatrice svolta nella veste di Consigliera di Parità che, personalmente e isolatamente (nonostante sulla carta molti avessero asserito di volerne fare), è andata scuola per scuola di ogni ordine e grado per accompagnare i nostri giovani (più di 10.000).
La mia opinione maturata è che il rispetto è un concetto immateriale, impalpabile e che, in quanto tale, non è insegnabile, coercibile, obbligabile. Si mostra, si professa, si testimonia come direbbe il buon Recalcati.
In altre parole, non va scritto col gesso sulla lavagna ma deve essere dimostrato, vissuto quotidianamente non lasciando cioè indietro il compagno di banco in difficoltà, non emarginando amici perchè diversi, sfigati o impopolari, non deridendo le ragazzine con le mestruazioni, non dedicandosi al pettegolezzo e, la butto lì per tutti quei calzolai moralizzatori dalle scarpe bucate, non scagliandosi in shitstorm contro chi ha un’opinione diversa dalla propria.
Ad esempio, la mia.
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