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Gorizia, italiana e slovena, Capitale Europea della Cultura 2025: uno scrigno ancora da scoprire

Giornalista Pubblicista, Avvocato. Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
Gorizia, italiana e slovena, Capitale Europea della Cultura 2025: uno scrigno ancora da scoprire

L’anno che sta per chiudersi ha visto i festeggiamenti di una irripetibile Capitale Europea della Cultura: le città di Nova Gorica (in Slovenia) e Gorizia insieme. Due in una, verrebbe da dire: l’ una posta a nord del fiume Isonzo con una storia di ex blocco Balcanico e l’altra a sud del fiume, occidentale, borghese, tra le più a Est d’Italia.

Nessuna frontiera a dividerle dal 2007 e così ufficialmente due Stati in meno di 50 km quadrati dove si transita da uno all’altro senza accorgersene (addirittura da un lato all’altro del marciapiede) e dove ancora oggi si respira un vivido multiculturalismo di tradizioni, gastronomie, usi e lingue (tra l’altro, oltre l’Italiano e lo Sloveno, in questo angolo di Italia si studia il Tedesco, reviviscenza dell’antico passato Asburgico, e il Friulano, idioma autoctono della vicina provincia di Udine).

La cerimonia di chiusura è stata celebrata il 5 dicembre scorso con il passaggio del testimone a Trencin (in Slovacchia) e Oulu (in Finlandia).

Ma com’è stato vissuto quest’anno speciale da queste due città speciali?

A fronte di opinioni differenti, vi è una oggettiva certezza: l’investitura di Capitale della Cultura è di fatto un affare enorme per la festeggiata (in questo caso le festeggiate) che di colpo si trova imposta nelle agende mediatiche, turistiche e politiche locali e nazionali. Cosa non da poco. Una sorta di “occhio di bue” che dall’esterno all’improvviso illumina un angolo buio o semi-illuminato del proscenio.

Dopodichè vi è da dire che non è raro che, dal cesto dei candidati, sia pescata la Cenerentola: in questo caso, una piccola Berlino italiana/slovena a cavallo tra l’Est e l’Ovest.

Così all’Europa non ne è sfuggito il calibro e ne ha aggiudicato nientemeno che il primo posto per valore culturale: un’enormità talmente grande da essere contenuta a fatica anche dalle mani degli stessi Goriziani, certamente poco avvezzi all’autopromozione e all’essere scelti in una rosa di più note opzioni locali.

E’ in questo clima che Gorizia si è presa il suo riscatto e, con la gemella Slovena, è stata premiata come testimone di una cultura della pace. Ma come si racconta la cultura della pace e dell’integrazione ai tanti turisti accorsi?

Questa è stata la vera sfida della città: narrare valori impalpabili che andavano oltre musei ed architetture, archi, piste ciclabili e concerti. Accompagnare i turisti nella Gorizia sotterranea e sottaciuta, nei misteri familiari, nelle diversità prima vissute ed ora riappacificate, nella rappresentazione della paura della guerra, dei carrarmati posti sui confini, le dogane, la deffidenza verso lo straniero. Un viaggio materiale in quei valori immateriali che oggi conferiscono a queste terre un’aurea unica e irripetibile.

Non esiste in tutta Italia (e per stacco tra Est e Ovest, poco c’è anche in tutta Europa) un altro confine come quello Goriziano. Questo è pacifico.

Tra questi racconti spiccano due cortometraggi: “Donne a Nordest”, approdato a Venezia durante il Festival del Cinema 2025 (che ripercorre la storia segreta delle donne del confine) e “Cos te Costa”: emozionale, introspettivo, potente. Un’istantanea preziosa della Gorizia del primo dopo-Guerra dove le case, e addirittura gli stessi cimiteri, venivano divisi con un pennarello sulle mappe e col filo spinato per terra.

Ma anche i tanti storici locali che si prestano a visite guidate nella Gorizia ebraica, la nostalgia asburgica, l’orgoglio dell’italianità. Narrazioni ovviamente tutto made in Gorizia e sempre disponibili.

E’ stata una sfida vinta? Largo ai giudizi. Ma intanto Gorizia e Nova Gorica restano ancora due città da vedere, visitare, conoscere anche e soprattutto ora che i festeggiamenti sono terminati e l’aria della sua unicità torna ad essere più palpabile nelle viuzze storiche e nelle tante locande dove i Goriziani, (Italiani, Sloveni, esuli, mitteleuropei) si ritrovano tutti insieme la sera.

A guardare dall’alto questa piccola contea, il Castello: di fattura medievale, imponente e svettante con la sua pietra fredda. Si dice che anche lui, come la terra che sovrasta, nasconda varie leggende fra cui quella della strega Serafina e degli scheletri apparsi vicino alle mura.

Uno scrigno ancora tutto da svelare.

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