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Il premio Nobel Giorgio Parisi: per una scienza fuori dalla torre d’avorio

Il premio Nobel Giorgio Parisi: per una scienza fuori dalla torre d’avorio

In Italia lo Stato spende poco per ricerca e sviluppo. Ne abbiamo parlato con il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, per il mensile di Telos A&S PRIMOPIANOSCALAc. In realtà la nostra conversazione con lui ha toccato molti altri aspetti. Una tentazione alla quale non potevamo resistere, avendo a disposizione uno dei cervelli più interessanti del mondo. E, rileggendo le sue parole, ci siamo detti: “non a caso è un premio Nobel!”.

Ma torniamo alla ricerca: “La scienza in generale è un’impresa che costa; avere una comunità scientifica attiva è qualcosa che prende una parte diciamo non trascurabile delle risorse nazionali. In alcuni Paesi il 3% del PIL è dedicato alle ricerche scientifiche, in altri Paesi come l’Italia siamo a poco più dell’1%” ricorda Parisi. Però avverte “Se gli scienziati chiedono ai cittadini di finanziare la scienza è giusto che poi gli scienziati spieghino ai cittadini cosa hanno fatto con i loro soldi. Ma non solo è giusto, è necessario, perché se la scienza rimane in una torre d’avorio non è detto che poi i governi decideranno di continuare a finanziarla”.

Dalla Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia, realizzata nel 2022 da un gruppo di lavoro del Consiglio Nazionale delle Ricerche emerge che nel nostro Paese c’è ancora molto da fare. Solo lo 0,5% della popolazione italiana in età lavorativa possiede il dottorato di ricerca, contro l’1,2% della media dell’Unione Europea. I pochi giovani che hanno raggiunto questo traguardo trovano lavoro con un tasso del 93%, ma di questi solo il 10% lo trova nell’industria, dove invece queste risorse sarebbero preziose. Esiste infatti uno scollamento tra università e privato. Per cercare di fare fronte a questa separatezza, grazie alla visione di Marco Biagi, è stato introdotto nel nostro sistema formativo il dottorato industriale. Qui il ricercatore è guidato da tutor aziendali e accademici, ma, dicono alcuni, a causa dello schema rigido e formalistico pensato nei vari Decreti Ministeriali, non riesce a decollare come dovrebbe. Speriamo che l’ultimo, del 2021, sia se non risolutivo almeno migliore.

Nelle sue dichiarazioni programmatiche al Senato, nel febbraio 2021, il premier Mario Draghi ha sottolineato l’intenzione di “investire adeguatamente nella ricerca, senza escludere la ricerca di base, puntando all’eccellenza”. I fondi del Pnrr possono essere l’ultima occasione per farlo, permettendo anche al nostro Paese di contribuire alla risoluzione delle emergenze che si prospettano nel nostro futuro, come le pandemie, l’inquinamento, l’esaurimento delle risorse e le conseguenze della guerra. Problemi per i quali l’unica risposta possibile è la ricerca scientifica: “Io sono assolutamente convinto che il modo più indolore mediante il quale noi possiamo uscire da queste crisi è fare leva sulla scienza. È necessario che la scienza progredisca costantemente” osserva Parisi. L’Italia potrà fare la sua parte finalmente in campo, e non in panchina, e gli italiani dovranno, una volta per tutte, fare pace con la scienza, smarcandosi da sospetti e complottismi. Ma, come dice il premio Nobel, gli scienziati dovranno trovare le parole per raccontarci cosa stanno facendo per noi.

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