Le elezioni nelle Marche e la riconferma di Acquaroli sono durate l’arco di un temporale estivo. Il piano di pace proposto da Trump per il Medioriente è ancora là, sul tavolo, in attesa della risposta di Hamas. A prendersi la scena, nell’ultima settimana, è stata inevitabilmente la traversata di Global Sumud Flotilla, le 45 barche a vela che hanno puntato su Gaza con l’obiettivo dichiarato di rompere il blocco navale israeliano e portare viveri nella Striscia. Ho parlato di questo tema – naturalmente dal lato comunicativo – con Livio Gigliuto, presidente di Istituto Piepoli e acuto osservatore di tutto quello che ci accade intorno. Con Livio abbiamo analizzato le reazioni dei politici italiani – quelli bravi le chiamano “posture” – e dell’opinione pubblica rispetto alla situazione di Gaza e all’operazione-Flotilla.
“Sul tema Palestina l’opinione pubblica non è divisa”, mi dice Livio. “Quando chiediamo se va riconosciuto lo Stato di Palestina, due su tre dicono di sì, e sono elettori sia di destra che di sinistra. La percentuale s’impenna a oltre il 90% quando chiediamo se (sulla base degli strumenti di cui sono in possesso), quello a Gaza è genocidio o no. E anche in questo caso, ovviamente, parliamo di elettori di ambo gli schieramenti. Ciò vuol dire che l’opinione pubblica è trasversalmente sbilanciata sul tema”.
Ma poi arriva Flotilla. “Esatto. Flotilla è un tema differente, che nel corso del tempo si è politicizzato”. Ovvio, se si pensa alla presenza di parlamentari di sinistra sulle barche o al tono di voce via via crescente che la Meloni ha utilizzato. “C’era stata l’apertura del Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pizzaballa, e poi le dichiarazioni di Mattarella che esortava a seguire questa traiettoria per recapitare gli aiuti a Gaza. Al rifiuto da parte dei naviganti, l’opinione ha cominciato a polarizzarsi”. Ma chi ha reso politica questa vicenda? Lo era da sé con la presenza dei parlamentari o lo è diventata poi? “Il dato di partenza è che anche il suo elettorato chiedeva alla Meloni di assumere una posizione più dura contro Israele. Così, mentre il centrosinistra non metteva in evidenza le contraddizioni degli avversari, il presidente del Consiglio ha potuto occupare lo spazio contro Flotilla, alzando via via il tono. In sostanza, ha colto che da sinistra c’è stata una sempre più chiara politicizzazione della vicenda, e ha agito per reazione”. Si potrebbe pensare un po’ da “poliziotto cattivo” che, forse perché coglie un’opinione un po’ contraria, sceglie di puntare su temi come legge e ordine, che a destra fanno breccia sempre.
Ciò ha condotto a uno spaccamento dell’opinione pubblica, specie nei toni: quelli della Meloni all’inizio erano molto più morbidi; poi si sono fatti più duri. “Ha scelto una posizione molto netta, diversa dalle prime comunicazioni”. E nell’altro campo, la Schlein? Come spesso accade, la natura multicorrente del suo partito non gioca a favore dell’autorevolezza delle sue dichiarazioni. “Proprio così: non ho visto neanch’io un suo particolare protagonismo sulla vicenda. Pur essendo nota la posizione del Partito democratico, Elly Schlein non sta catalizzando l’attenzione dello schieramento pro-Flotilla. Se è vero che la Meloni ha concentrato su di sé la comunicazione della maggioranza (come sempre accade), dall’altro lato c’è un universo di voci: oggi la sinistra è rappresentata da Landini che sciopera, ieri lo era dalla Albanese o dalla parlamentare Avs che si collegava da una delle barche. Insomma, il prezzo (storico) che il segretario del Partito democratico paga è fatto da una serie di controcanti che lo rendono un segretario senza megafono. Il Pd su questo non è un partito monolitico”. Discorso leggermente differente si può fare per Conte, “che ha anch’egli una posizione filo-Flotilla (e un parlamentare di ritorno da Tel Aviv) ma anche un partito e un elettorato più uniti”.
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