La rubrica dedicata alla fertilità di coppia, finalizzata a contrastare la denatalità supportando chi un figlio lo desidera, continua con l’intervista della dottoressa Elisabetta Colonese, Medico Chirurgo, Specialista in Ginecologia ed Ostetricia e terapia della Sterilità di Coppia
Dottoressa Colonese, è corretto dire che oggi c’è un allarme fertilità?
Più che di allarme fertilità parlerei di attenzione alla fertilità. Negli ultimi 20 anni infatti la ricerca scientifica ha fatto sì che le tecniche, i protocolli di stimolazione e le apparecchiature per la Procreazione Medicalmente Assistita diventassero sempre più efficaci verso l’obiettivo. Inoltre, nell’ultimo decennio e ancor più negli anni post Covid-19, l’informazione sull’argomento è diventata più diffusa e fruibile, è fortemente dilagata sui social visivi (Istagram, TikTok, canali Youtube) e auditivi (podcast e programmi radio) dove ha trovato terreno molto più fertile piuttosto che in televisione negli anni passati. Le consultazioni tramite video consulenza sono impennate e questo ha reso possibile la connessione tra pazienti e medici. L’OMS ha comunque stimato una percentuale di infertilità che si aggira intorno al 17% in età adulta, il 15% in Italia (in linea con l’Europa).
Si può parlare di ”infertilità di coppia” ovvero di quel fenomeno ove invece singolarmente i soggetti sarebbero fertili?
L’infertilità e’ di coppia quando, cambiando le variabili, il risultato sarebbe diverso (quindi ad esempio, in altra coppia, genererebbero naturalmente). Noi specialisti studiamo proprio la coppia infertile indagando le possibili cause. Tra quelle femminili più comuni troviamo l’età, la ridotta riserva ovarica (ovvero il numero degli ovociti), l’endometriosi, cause genetiche, mentre tra quelle maschili i difetti seminali (spermatozoi lenti, a forma anomala, etc), il diabete o cause genetiche.
Se dopo un’acclarata infertilità di coppia si riesce ad avviare una gravidanza mediante tecniche mediche di procreazione assistita, è consigliabile procedere a test genetici per sincerarsi che il bimbo (la cui natura non sarebbe bastata a generarne) sia sano?
Se dopo tentativi e pratiche di procreazione medicalmente assistita si riesce ad avviare una gravidanza, la coppia può indagare per sincerarsi che non ci siano stati limiti “genetici” usufruendo di test cromosomici che si fanno con DNA fetale o, in casi selezionati, con amniocentesi o villocentesi. (Ricordiamo comunque che l’amniocentesi ha un tasso di aborto collegato alla pratica di 0,5 % e villo 1%). L’esame del DNA fetale viene definito una tecnica ottimale ma non è obbligatorio e ci si può indirizzare verso altri test come Bitest o anche nulla perché no, si può anche ritenere, in accordo col proprio medico, questa indagine superflua. In alcuni casi, se vi sono alcune patologie (come per esempio entrambi i partner siano portatori sani di anemia mediterranea), sugli embrioni ottenuti da procreazione medicalmente assistita si può eseguire la diagnosi pre impianto.
Si sente di lasciare un consiglio agli aspiranti genitori?
Vorrei ricordare di prendersi cura della propria salute ogni giorno comprendendo anche quella riproduttiva che passa prima di tutto dall’informazione corretta derivante dallo stile di vita, dall’alimentazione, dai controlli periodici. Anche la tutela della fertilità va diffusa, oggi più che mai, ai giovanissimi con un occhio di particolare attenzione alle giovanissime: il congelamento ovocitario sotto i 35 anni (ancor meglio entro i 30) può fare da regalo futuro a tante donne. Noi medici abbiamo questo compito importante e bellissimo: fare informazione
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