Quanto c’è di criticabile nelle res gestae di non parlare agli orali della Maturità, caro piccolo rivoluzionario da divano?
È una scelta oscena, semplicemente. Rispecchia appieno la mentalità del ragazzume contemporaneo (non dell’intera gioventù, si badi bene). Una mentalità spesso votata a due stelle polari: la consapevolezza di non essere mai o quasi mai puniti e la spasmodica ricerca della visibilità, di quel quarto d’ora di notorietà – e chissenefrega quale ne sia la ragione – che Andy Warhol aveva profetizzato per ciascuno di noi.
Nella società dei social, del “condivido per mostrare e dimostrare che esisto, a me stesso e agli altri”, ci si appiglia a qualunque cosa pur di diventare visibili, di palesare la propria esistenza in vita. Viste da questo lato, le piattaforme sono Il Male, perché amplificano la percezione di questa opportunità a costo zero.
“Nei primi due anni ho avuto una professoressa di Latino che ce l’aveva con me”. “La preparazione della scuola è stata ottima ma è mancata totalmente l’attenzione alle persone”. “I prof pensano solo ai voti e non hanno capito le mie difficoltà personali”. “Vogliamo vedere le versioni di Greco e stiamo valutando il ricorso al Tar”. Questo e tanto altro abbiamo letto sui maggiori media italiani, che hanno aperto taccuino e telecamere per intervistare questi nuovi tenerissimi simil-sessantottini da tastiera. Che magari la sera precedente fanno notte a cantare il pezzo immortale di Venditti (riprendendosi per droppare tutto) e il giorno successivo scelgono di non rispondere alla Commissione. Alcuni sedicenti intellettuali hanno definito “idealismo” le loro scelte. I giornali fanno il loro lavoro, è ovvio. Opinabile, ma è il loro lavoro. Anche perché è un lavoro che porta ingaggio, convoglia lettori, aumenta i click. Quello che conta nell’era delle piattaforme, appunto, dove tutto è spettacolo, è intrattenimento, è un coacervo di indistinti attori di varietà spacciati, appunto, per eroi del nostro tempo mossi da ideali.
E invece, Valditara ha ragione. Non una ma cento volte. Se all’orale ti diverti a fare l’attore di cinema muto (con la promozione comunque in tasca, aspetto tutt’altro che secondario), il tuo destino deve essere quello di ripetere l’anno. Il ministro è addirittura fin troppo benevolo quando sceglie di rinviare il provvedimento all’anno prossimo.
Qualcuno – lo ha fatto solo Paolo Crepet, psichiatra e sociologo tra i migliori – dovrebbe prendersi il fastidio di dire a questi giovani l’ovvio. Quello che li aspetta fuori dalla Maturità – banalmente: la vita – è esattamente quello per cui hanno scelto di non parlare: gente anti-empatica. Ma che ti valuta. Gente che se ne fotte di quello che pensi e di quello che senti. Ma ti valuta. Gente che non ti comprende. Ma ti valuta. Gente che (se ti va bene) ti sente ma non ti ascolta. Ma ti valuta.
Mi fa rabbrividire, quasi mi terrorizza, questa netta tendenza a non vivere la vita come una sfida in cui andarti a prendere quello che credi di meritare. O vorranno ogni volta risolvere tutto scegliendo il giochino del silenzio?
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