La crisi morale
Onu ridotta a cassa di risonanza di Francesca Albanese (e della disinformazione su Israele) e succube del ruolo che le dittature giocano in Consiglio
La contestazione subita nei giorni scorsi dal sindaco di Reggio Emilia, Marco Massari, mentre premiava la relatrice dell’Onu Francesca Albanese, è un segnale a dir poco inquietante. Il sindaco aveva osato includere la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani da parte dei terroristi di Hamas tra i punti necessari per raggiungere il cessate il fuoco a Gaza. Un sacrilegio per il quale Albanese, nella sua infinita generosità, ha concesso il suo “perdono” purché la cosa non si ripeta. Con un perverso “ragionamento” antisemita, le vittime diventano carnefici che non meritano nessuna solidarietà, men che mai la liberazione.
Durante una conferenza stampa promossa dal senatore Giulio Terzi in Senato lo scorso 18 settembre, Hillel Neuer, direttore esecutivo di UN Watch, Ong molto attiva in sede di Consiglio Onu sui Diritti umani, ha mostrato come Albanese agisca da tempo dentro e fuori le Nazioni Unite in violazione delle norme che regolano il suo ruolo di relatrice speciale dell’Onu. Neuer ha esaurientemente illustrato la mancanza di obiettività, indipendenza, integrità e neutralità della relatrice, le sue dichiarazioni di incitamento alla violenza, e alcune fonti di finanziamento opache relative ad alcuni viaggi e conferenze.
Quella di Albanese è una totale assenza di obiettività che riflette l’indifferenza per il principio di proporzionalità e i doppi standard dell’Onu. Basti pensare alle dichiarazioni del Segretario generale António Guterres all’indomani del pogrom del 7 ottobre. “Gli attacchi di Hamas non sono avvenuti nel vuoto”, disse, lasciando intendere che la causa è da ricercarsi nei decenni di occupazione israeliana. Oppure l’omaggio dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite al presidente iraniano Ebrahim Raisi, rimasto ucciso in un incidente in elicottero nel maggio dell’anno scorso. Solo la decisione dei rappresentanti di Stati europei e degli Stati Uniti di non partecipare ha reso meno insopportabile quel riconoscimento a un feroce dittatore, attivo nella repressione degli oppositori fin dagli anni ’80.
Ma il dato più significativo dei doppi standard onusiani è quello relativo al numero delle risoluzioni di condanna adottate dall’Assemblea generale dal 2015 al 2025: Russia 29, Siria 12, Stati Uniti 11, Corea del Nord 10, Myanmar 9, Afghanistan 1, Venezuela, Pakistan, Algeria, Turchia, Cina, Qatar, Arabia Saudita, Cuba, Iraq, Iran 0. Israele 173. Numeri che sono diretta conseguenza del ruolo centrale e destabilizzante che le dittature giocano in particolare al Consiglio Onu sui Diritti umani. L’organo preposto alla protezione e promozione dei più elevanti standard dei diritti umani, formato da 47 Stati membri, è composto per la metà circa da Paesi autoritari o parzialmente liberi. Vi sono, per esempio, regimi oppressivi come Qatar, Algeria, Cina, Cuba e Sudan.
Il tema di una Onu impotente, significativamente snaturata e incapacitata nella sua azione a causa dell’imponente presenza di Paesi dittatoriali, era stato sollevato molti anni fa da Marco Pannella. Era il gennaio 1991 quando, durante un comizio, il leader radicale affermò: “Fino a due anni fa l’Onu è stata espressione dell’immenso impero totalitario sovietico, dell’immenso deserto di democrazia a metà nazional-socialista o socialista-nazionale di tutto il Terzo Mondo, dove dittature sono state imposte dalle visioni sia dell’impero stalinista sia, anche, dalla scarsa fiducia nelle idee del mondo occidentale, per imporre costoro che erano tutti ottimi compratori di armi. Ebbene, fino a ieri, l’Onu era composta all’85% da un ammasso mostruoso di diplomatici espressi da questo gigantesco impero del male che soprattutto nel Terzo Mondo e altrove ha fondato il potere sullo sterminio per fame, per miseria, per guerre di popolazioni e di generazioni intere”.
Un’analisi molto severa che, tuttavia, non ha impedito a Pannella di condurre con successo proprio all’Onu battaglie per i diritti umani universali, come quella per la moratoria sulla pena di morte. Oggi l’Onu sembra invece ridotta a cassa di risonanza di Francesca Albanese e della disinformazione su Israele, e quindi sui diritti umani e sul diritto internazionale. È urgente il rilancio di iniziative a favore del diritto alla conoscenza, a partire dalla risoluzione approvata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e dalla Commissione straordinaria del Senato sui Diritti umani.
© Riproduzione riservata






