Nel suo articolo su Occhetto e la svolta della Bolognina – pubblicato su queste colonne –, Piero Fassino dice che la riunione della Direzione sul che fare venne spostata a metà novembre perché Occhetto aveva in programma un viaggio a Londra per incontrare il Partito laburista. Non è esattamente così.

Occhetto a Londra non ci poteva andare perché non esistevano rapporti formali di alcun tipo con il Labour, che espressamente escludeva nel suo statuto quelli con i comunisti, compresi quelli inglesi. L’incontro avvenne invece a Bruxelles grazie al sottoscritto e alla mediazione di Martin Kettle, vicedirettore del Guardian, mio ottimo amico. Avvenne all’indomani della caduta del muro, alle 8 del mattino, in forma riservata e nell’ albergo in cui si trovava Kinnock. Con Occhetto, oltre a me, c’era il compagno Pasquale Cascella che fu poi addetto stampa con Napolitano e che, in seguito, lasciò per fare il sindaco nel suo paese in Puglia.

Occhetto non aveva letto i giornali e nemmeno parlò con Roma. Si fidò di quello che, avendo ascoltato il telegiornale della BBC di prima mattina, gli avevo detto io. Kinnock fu così la prima personalità politica a sentirsi dire che, forse, il PCI avrebbe cambiato nome. La cosa curiosa è che Kinnock si mostrò molto sorpreso e consigliò prudenza. Poi si parlò di politica e si capì che l’orizzonte socialdemocratico non era propriamente il nostro. Kinnock stava preparando l’ascesa di Tony Blair nel Labour, Occhetto aveva in mente la famosa carovana.
Fu comunque molto interessante: il primo e ultimo incontro nella storia tra due grandi partiti, l’uno in fase di trasformazione l’altro in fase di dissoluzione.

Piero Borghini

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