Per i giudici "contrasta la Costituzione"
Pensione a condannati per mafia e terrorismo, la Consulta: “Revoca incostituzionale per chi sconta la pena fuori dal carcere”
La pensione o indennità di disoccupazione non può essere sospesa a mafiosi e terroristi che stanno scontando la propria pena fuori dal carcere. È quanto afferma la Corte costituzionale con la sentenza n. 137, depositata oggi, con la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 61, e, in via consequenziale, del comma 58 dell’articolo 2 della legge n. 92 del 2012.
Per la sentenza, di cui è stato relatore l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, revocare le prestazioni assistenziali fondate sullo stato bisogno a persone condannate in via definitiva per mafia/terrorismo, ma che stanno scontando la pena con modalità alternative alla detenzione in carcere, è dunque in contrato con due articoli della Costituzione.
Per la Corte Costituzionale è infatti “irragionevole che lo Stato valuti un soggetto meritevole di accedere a tale modalità di detenzione e lo privi dei mezzi per vivere, quando questi sono ottenibili solo dalle prestazioni assistenziali. Sebbene queste persone abbiano gravemente violato il patto di solidarietà sociale che è alla base della convivenza civile, attiene a questa stessa convivenza civile che ad essi siano comunque assicurati i mezzi necessari per vivere”.
Illegittima la revoca dei trattamenti assistenziali dei condannati per mafia e terrorismo che scontino la pena fuori dal carcere.https://t.co/mhO96rRDuq#Comunicato #Sentenza #Cortecostituzionale pic.twitter.com/GZor68Pet8
— Corte Costituzionale (@CorteCost) July 2, 2021
“Il comma 58 prevede che con la sentenza di condanna per i reati più gravi – quelli previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonché i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo – il giudice dispone la sanzione accessoria della revoca delle seguenti prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, di cui il condannato sia eventualmente titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili. Il comma 61 stabilisce che tale revoca, con effetto non retroattivo, è disposta dall’ente erogatore nei confronti dei soggetti già condannati con sentenza passata in giudicato all’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012”, spiega la Corte costituzionale.
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