11 settembre: l’estremismo islamico è un fiume carsico che rischia di riaffiorare

Chiunque di noi ricorda dove fosse, cosa facesse, e quanto non trovasse parole con cui commentare, quel giorno. Lo schianto di due aerei, uno dei quali in diretta tv, i pompieri eroi nell’inferno, le persone che si gettavano nel vuoto.

La patria madre della nostra ritrovata libertà al termine della seconda guerra mondiale, quella senza cui oggi saremmo tutti schiavi, tutti con i baffetti e tutti obbligati a parlare tedesco, la nazione terra delle libertà e a guida del mondo libero, veniva attaccata su suolo proprio incassando 3mila morti per mano di fondamentalisti islamici che ridisegnavano criminalmente lo skyline più famoso del mondo, quello di New York, deturpandone la bellezza offerta dalle sue Torri Gemelle, e ci spalancavano le porte dell’inferno terroristico. La città che più amavo al mondo per il suo spirito e la sua vitalità all’improvviso teatro di morte, vittima dell’odio omicida consumato con la scusa del massimo ossimoro: un Dio violento e assassino.

Nei giorni successivi, gli audio di passeggeri che prima di schiantarsi dicevano addio ai loro cari, e le immagini di persone festanti in medio oriente, ci restituirono un mondo di colpo diviso a metà, dove pace e integrazione rallentavano, e ci si domandava all’improvviso dell’effettiva compatibilità tra laicità di stato occidentale e precetti coranici spesso mal interpretati da imam che in assenza di interpretazione autentica del sacro testo (l’Islam non ha una Chiesa che la offra ai suoi fedeli), lo piegano al proprio fanatismo politico, spargendo odio.

L’estremismo islamico è problema che oggi abbiamo dimenticato ma che è un fiume carsico da non perdere mai d’occhio, perché rischia di riaffiorare, e che ancora oggi scorre nelle vene di diversi cattivi musulmani che penalizzano i moltissimi buoni e che deve ricordare a noi di stare uniti e fieri del nostro essere occidentali. E liberi.