A Cosenza un blitz del sindaco cancella la statua del Leone socialista: l’affronto alla storia e alla memoria di Giacomo Mancini

Caro Direttore,

il 18 giugno, intorno alle 6,30 della mattina, Caruso – sindaco di Cosenza pro tempore e in scadenza – ha sfrattato e rimosso la statua di Giacomo Mancini davanti al municipio. L’opera in bronzo dello scultore Domenico Sepe, commissionata dalla Fondazione Giacomo Mancini in occasione dei venti anni dalla scomparsa del leader socialista, e finanziata anche grazie a tante piccole donazioni da parte di molti amici e compagni, era stata collocata il 25 aprile – Festa della Liberazione – del 2022.

Fu posata davanti a municipio perché il Leone – così venne o soprannominato in vita dalle grandi firme del giornalismo – morì da sindaco della sua città che aveva amministrato per un decennio operando delle trasformazioni che ancora oggi sono ricordate e rimpiante. Insomma concluse da sindaco un impegno politico di più di sessant’anni iniziato nelle fila della Resistenza nella Roma occupata dai nazisti. Proseguito in Parlamento dove fu eletto per dieci legislature. E poi da ministro – prima della sanità, poi dei lavori pubblici e infine per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno- nei governi di centrosinistra. Ai vertici del PSI di cui fui segretario nazionale nel 1970. E quindi infine, sindaco della sua città.

A distanza di tre anni dalla posa, la rimozione della statua. Che è atto di una violenza inaudita. Perché una statua, dedicata ad una grande personalità, non è solo un tributo o un omaggio. È molto di più. È un simbolo. I simboli generano emozioni. Sprigionano sentimenti. I simboli diventano iconici. E in un simbolo si riconoscono generazioni di donne e uomini. Rimuovere la statua significa voler sradicare dal luogo in cui è stata posata, il simbolo. La storia che rappresenta. Le idealità che evoca. Le emozioni che suscita. I sentimenti che sprigiona.

Lo sfratto è un atto violento per provare a cancellare l’idealità, il portato umano politico culturale di chi vi è rappresentato. E insieme di sradicarlo anzi estirparlo con ferocia dal sentimento collettivo. Anche per questo lo sfratto della statua di Giacomo Mancini è stato vissuto come un’offesa grave a tutta quanta la comunità. E una violenza inaudita e gratuita contro la storia di ognuno di noi. Non è bastata ad evitare questa barbarie la mobilitazione che è partita dopo che il 2 di gennaio (sì proprio la mattina dopo il primo dell’anno) via pec Caruso ha comunicato la volontà di procedere allo sfratto.

Da allora si sono svolte manifestazioni, flash mob, sit-in raccolte di firme iniziative spontanee per ribadire un secco No la storia non si sfratta. Eppure, dopo sei mesi in cui Caruso, che aveva nel frattempo negato alla Fondazione i filmati del decennio di Mancini, da sindaco ha smentito tutto il procedimento autorizzatorio che, lui stesso, nel 2022 aveva adottato, arrivando po a disporre la rimozione. All’alba. Senza notificarlo preventivamente alla Fondazione proprietaria dell’opera, convocando ben cinque vigili urbani e spendendo la cifra monstre di 8154,40 euro ha rimosso l’opera.

Ne è seguito un moto impetuoso di solidarietà nei confronti del Leone e di condivisione della nostra battaglia in sua difesa. Questo mi scalda il cuore. Una comunità per una volta unita, ognuno a modo suo, ma tutti a difesa di un simbolo, a tutela della nostra storia, dei nostri ricordi, della nostra memoria. Lo sfratto ordito da Caruso, le modalità becere e violente con le quali ha voluto che si svolgesse, hanno indignato tutti. Davvero tutti. Con un tale sperpero di denaro pubblico poi, in tempi così difficili per tanti cittadini.

Tutto davvero inaccettabile. Ma per chi offende la storia, calpesta la memoria, manca di rispetto ai morti, oltraggia il sentimento diffuso di una comunità, il destino è segnato. Le meschinità perdono sempre. A vincere, ancora una volta, è stato il Leone. A breve tornerà tra la sua gente. Diffusasi la notizia della sfratto, molti sindaci di comuni calabresi si sono proposti di ospitare la statua. Stessa richiesta è arrivata dalle comunità cosentine e calabresi diffuse in tante importanti città italiane e anche all’estero. Grati per tutto questa affetto riteniamo che sia opportuno non allontanarla dalla sua città.

Giusto il tempo di verificare insieme all’autore dell’opera se la statua ha subito danni nelle operazioni di rimozione, trasporto e consegna, e poi abbraccerà di nuovo i suoi concittadini. Starà di nuovo accanto e insieme al suo popolo. Stiamo individuando un luogo iconico, legato alla storia socialista, caro ai cosentini. Un luogo per utilizzare il quale, ovviamente, non sarà necessario interloquire con Caruso. Certo è che il 18 giugno del 2025 è la data che ricorderà alle generazioni future tutto ciò che chi amministra una comunità non deve mai permettersi di fare.

La ringrazio per lo spazio che avrà voluto dare a questa denuncia, che ci tengo non passi inosservata alla più vasta platea di cittadini e lettori riformisti, che non ho dubbi saranno sensibili alla vicenda.

Un caro saluto.
Giacomo Mancini
Ex deputato e assessore regionale della Calabria, nipote di Giacomo Mancini