A dieci anni dall’Expo Milano si trova davanti a un bivio storico

Concludiamo le riflessioni a 10 anni da Expo, sui cambiamenti avvenuti, su quelli necessari. Oggi – a un decennio da quando “scelse il mondo” – la città si trova a un bivio storico. Può scegliere di essere una metropoli esclusiva, una vetrina lucente ma inaccessibile, dove il successo economico genera inevitabilmente esclusione sociale. Oppure può inventare un modello nuovo, dimostrando che l’eccellenza non richiede disuguaglianza, che l’innovazione può essere inclusiva, che la ricchezza può generare coesione invece che fratture.

Non è questione di ideologia ma di sostenibilità. Una città che espelle i suoi lavoratori essenziali, che non può ospitare chi la fa funzionare ogni giorno, è destinata a svuotarsi dall’interno. La bellezza senza vita diventa scenografia. La ricchezza senza comunità genera solitudine. L’efficienza senza umanità produce alienazione.

Il nuovo Expo che serve è quello dell’anima urbana. Essere capitale morale, oggi, vuol dire saper essere il luogo dove le contraddizioni emergono prima e più nitide e vengono affrontate con coraggio. La vera innovazione per Milano sarebbe mostrare che si può competere globalmente senza perdere l’anima locale. Che l’attrattività internazionale può coesistere con la giustizia sociale. Che il dinamismo economico può alimentare, invece che erodere, il tessuto comunitario.

La posta in gioco è il futuro stesso del nostro vivere collettivo. 10 anni fa Milano spiegò come “nutrire il pianeta”. Oggi può dirci come far crescere insieme le persone.