A scuola Dio, Patria e famiglia: roba da Stato illiberale

Non passa giorno senza la riprova che il portamento illiberale e autoritario di certa destra è meno studiato che meccanico, meno indotto che naturale, meno ragionato che prediletto. Il caso della professoressa che impone crisma e preghiera ai propri alunni, con l’Italia Dio-patria-famiglia adunata a proteggerne la libertà di insegnamento e a riaffermare l’universalità dei valori cristiani riassunta nei filari di bimbi incurvi a mani giunte, dice bene quanto si sia perduto anche il solo sospetto che il nostro sia, e soprattutto debba essere, uno Stato laico.

La punizione irrogata a quell’insegnante era a dir poco discutibile, ma restava sbagliatissima quella sua iniziativa – oltretutto difesa sulla scorta dell’argomento che i ragazzi erano “cattolici” – ed è stata semplicemente vergognosa la reazione del circuito fondamentalista e clericale che ha passato per persecutorio il principio che le preghiere sono fatte da chi vuole farle, in chiesa o a casa propria o dove preferisce e con chi preferisce: non nella scuola dello Stato laico. C’è da immaginare che questi difensori della libertà religiosa sarebbero meno disposti a difenderla se domani un insegnante musulmano facesse inchinare i ragazzi in direzione della Mecca, o se un altro li provvedesse di filatteri. Ma la poveretta, supportata dal Paese confessionale che ha legittimato lo sproposito, ha appunto richiamato a propria difesa il fatto statistico che i ragazzi “erano cattolici”, e c’è da domandarsi se invece qualcuno fosse stato di famiglia buddista o maomettana o (dio non voglia!) atea: che cosa faceva, lo mandava in ricreazione o dietro alla lavagna?

Questi evidentemente non capiscono – e appunto non per mancanza di studio, ma per inettitudine connaturata – che la laicità delle istituzioni pubbliche, e massimamente della scuola, è un presidio innanzitutto a garanzia della libertà religiosa: lo Stato che non assume nessuna impostazione religiosa affinché tutte le impostazioni religiose siano libere, liberamente scelte e liberamente praticate. Questi si meritano che i loro colleghi fondamentalisti giungano a reclamare altrettante quote di rappresentanza, e cioè che nelle scuole pubbliche dello Stato laico siano insediate e professate le rispettive confessioni: non si vede infatti per quale motivo mai una classe di studenti possa essere adibita a parrocchia e non a madrasa. Dice: “Perché la maggioranza è cattolica!”. Quindi se in una scuola si arriva al 51% + 1 di ragazzi musulmani va bene che il Padre Nostro sia sostituito dalla lettura del Corano? O facciamo un ddl per convertirli?

A scuola bisognerebbe insegnare che le istituzioni dello Stato sono libere da simboli religiosi, così che essi siano liberi nella società; libere da valori religiosi, così che essi siano liberamente coltivati dalle persone e dalle comunità sociali che vi si riconoscono; libere da qualsiasi indicazione religiosa, così che tutte le indicazioni religiose possano essere seguite o rifiutate liberamente. Tutto questo bisognerebbe insegnare nelle scuole. E a certi insegnanti. E ai molti che li vorrebbero istitutori del loro Dio.