Abbruzzese e il suo nuovo amico pennuto, l’interpretazione andreottiana alla foto del gabbiano

Come il gabbiano, anch’io vorrei tanto essere amico di Mario Abbruzzese. Per me sarebbe un onore averlo nella chat del padel, annoverarlo tra i follower di X o essere taggato almeno in uno dei suo selfie. Mannaggia che sfiga, perché a differenza dell’amico pennuto, per il quale, confesso, provo una sincera invidia che mi rode dentro e mi fa star male, non posso dire e vantarmi altrettanto di essere un fedele amico del presidente del Consiglio Regionale del Lazio.

Abbruzzese è un politico navigato, uno che conosce a menadito il suo territorio, che potrebbe guidare a occhi chiusi da Fiuggi a Cassino senza commettere una sola infrazione al codice della strada, così come gli è sufficiente guardare lo scorcio di un campanile o un angolo di piazza per capire immediatamente di quale comunità del frusinate si tratta. Del suo collegio elettorale conosce vita, morte e miracoli di tutti, avrà migliaia di amici e conoscenti, tanti quanto i ventiquattromila e passa voti che ha raccolto da candidato della Lega alle ultime elezioni europee.

E chissà tra questi quale posto occupa il nostro gabbiano che improvvisamente e senza alcun preavviso Mario ci ha presentato l’altro pomeriggio con un post pubblicato sulla pagina Facebook. A questo punto, volendo dare un’interpretazione velatamente andreottiana all’amicizia pennuta di Abbruzzese, chiedo per un amico, se per qualche ragione il gabbiano non è lì a scrutare il golfo per ribadire come nei rapporti politici gli amici veri, fedeli e sinceri sono pochi, si contano su un palmo della mano, al massimo tre o quattro, più un gabbiano.