A Roma, Milano, Firenze, nei borghi del Sud o tra le colline del Prosecco: dietro ogni casa affittata per pochi giorni c’è spesso una famiglia che integra il reddito, un pensionato che mette a frutto una stanza vuota, una coppia che ripaga il mutuo. È il volto di un’economia della fiducia che ha ridisegnato il turismo italiano, portando reddito anche nei luoghi meno battuti.
Ora, però, quella stessa economia rischia di pagare il prezzo più alto. È uno dei nodi più caldi della Legge di Bilancio: l’aumento della cedolare secca al 26 per cento anche per chi affitta una sola casa. Una misura che, secondo Matteo Sarzana, Country Manager di Airbnb Italia, rischia di colpire il cuore del turismo diffuso e di produrre effetti contrari a quelli dichiarati. «L’80 per cento delle persone presenti su Airbnb affitta una sola abitazione o addirittura una stanza della propria casa» spiega. «Colpirli con un aumento fiscale del 5 per cento significa penalizzare una fascia che garantisce un’offerta capillare e accessibile».
Il gettito atteso, intorno ai cento milioni di euro, è per Sarzana «una cifra irrisoria rispetto al valore complessivo della manovra», mentre il rischio è «di riportare nel sommerso un’attività che negli ultimi anni era stata regolarizzata grazie al codice identificativo e ai registri nazionali». Ma il punto che più preoccupa la piattaforma è la giustificazione politica della norma: l’obiettivo di riportare sul mercato degli affitti a lungo termine gli immobili oggi dedicati a locazioni brevi. «È una lettura che non regge ai dati» spiega Sarzana. «In Italia il 13 per cento delle abitazioni è vuoto, mentre gli affitti brevi rappresentano appena l’1,3 per cento. Le case ci sono, ma restano vuote per ragioni strutturali: vincoli burocratici, incertezze contrattuali, mancanza di garanzie per i proprietari. Tassare di più chi affitta per pochi giorni non farà tornare quegli immobili sul mercato, anzi rischia di spingere qualcuno a farlo in nero».
Il nodo normativo, secondo Airbnb, è un altro: l’assenza di una legge quadro nazionale. «Oggi le regole sono frammentate a livello locale: ogni città prova a scrivere la propria, spesso con le migliori intenzioni, ma con risultati disomogenei e contraddittori. Servirebbe una legge nazionale che parta dai dati – per quartiere, per città – e consenta di fissare eventuali limiti solo dove davvero necessari». L’approccio dovrebbe essere dinamico, spiega Sarzana, «perché le città non sono organismi statici: Roma, ad esempio, quest’anno ha avuto oltre cinquanta milioni di visitatori per il Giubileo. È impensabile immaginare la stessa domanda l’anno prossimo». Sul piano fiscale, Airbnb continua a difendere l’impianto attuale. «La distinzione tra chi affitta un solo immobile al 21 per cento e chi ne gestisce più di uno al 26 è equa e funziona. È la norma che ha portato trasparenza e tracciabilità, garantendo entrate allo Stato. Modificarla ora rischia di minare la fiducia degli host e di ridurre la competitività del turismo».
Per capire come bilanciare crescita turistica e diritto alla casa, Sarzana guarda all’estero. «Ad Atene, per esempio, il governo greco ha fissato un tetto alla percentuale di case dedicate agli affitti brevi nel centro storico, ma ha mantenuto piena libertà per chi affitta una sola casa o una stanza. La soglia viene rivista ogni anno per evitare squilibri. Un modello flessibile che porta valore anche in zone meno centrali, senza demonizzare l’ospitalità privata». Il manager vede comunque segnali di trasformazione positiva. «Un turista su due oggi sceglie Airbnb per scoprire borghi e piccole città d’arte. È un turismo che distribuisce ricchezza e offre opportunità dove non avrebbe senso costruire nuovi hotel».
La strategia per il futuro punta su partnership territoriali e promozione dei distretti minori: «Abbiamo avviato con Coldiretti una collaborazione nelle aree rurali del vino, in Veneto, Lazio e Calabria, per valorizzare l’ospitalità agrituristica e le esperienze enogastronomiche locali. Portare una parte dei visitatori internazionali dalle città alle colline di Conegliano-Valdobbiadene, patrimonio UNESCO, significa alleggerire la pressione turistica e generare nuovo indotto». Una visione, conclude Sarzana, «che guarda oltre l’emergenza fiscale e punta a costruire un modello di turismo più equilibrato e sostenibile».
