Ieri anche il capo della Polizia Gabrielli si è lasciato andare a un giudizio netto: «Resto sempre molto basito - ha dichiarato a margine di un convegno sulla sicurezza - quando leggo certe cose: come mi preoccupano i postulati per cui gli stranieri sono tutti spacciatori e tutti coloro che professano la religione islamica sono terroristi, stigmatizzo chi parte dal presupposto che i poliziotti siano tutti picchiatori».
Solito balletto, solite comparse, solite parti in commedia: tutti su posizioni precostituite, tutti garantisti a parole e tutti già con le idee chiare e tutti in difesa dei propri pregiudizi. Però Vakhtang Enukidze è morto.
Torniamo a Regeni, per un secondo: lasciando perdere il paragone con Cucchi che irrita così tanto Gabrielli viene da chiedersi se non sia preoccupantemente egiziana quest’Italia in cui muore un uomo nelle mani delle autorità, cosa ci sia di diverso in questo primo imbarazzato silenzio del governo e cosa ci sia di diverso sul cumulo di versioni che si accavallano fin dalle prime ore dopo il decesso.
Per chiedere verità e giustizia bisogna praticare verità e giustizia, qualcuno lo ricordi al nostro governo.
