Albanese in politica come Vannacci, la relatrice pro-pal lancia una Opa seria su una sua candidatura nel Pd di Schlein

Grande polemica si è sollevata in queste ore riguardo le sanzioni che il governo americano applicherà nei confronti della relatrice Onu delle Nazioni Unite sui territori palestinesi, Francesca Albanese. La funzionaria campana indicata dall’Onu si è qualificata fin dagli albori del suo incarico come una figura ambigua e, per certi aspetti, imbarazzante. L’attenzione di Albanese nei suoi rapporti si è concentrata immediatamente su Israele, considerato da lei “forza occupante”, quando a Gaza non entrava un soldato israeliano dal 2005, anno del ritiro dalla Striscia eseguito dal governo Sharon. Una doverosa analisi della situazione interna afferente al mondo palestinese la relatrice non mi consta di averla mai fatta. Magari ci avrebbe raccontato qual è la quota di fondi che arrivano ingenti dal Qatar, dall’Iran, dagli Usa e dall’Unione Europea, destinati a scopi umanitari a Gaza e nei territori palestinesi e usati invece da Hamas a scopi terroristici.

Dal 7 ottobre 2023 in poi, non una parola di condanna del terrorismo e di solidarietà per Israele e per le sue vittime è stata espressa da lei, se non in maniera ambigua. Dopo le violenze islamiste, Albanese si è prodigata in una difesa d’ufficio incondizionata di Hamas. Con Israele continuamente messa sul banco degli imputati, che la relatrice ha definito, con estrema disinvoltura, responsabile di “genocidio”, di “apartheid”, di compiere “pulizia etnica” verso quei palestinesi a loro volta usati dai tagliagole strupratori di Hamas come scudi umani, affamati e lasciati in cattività dai terroristi. Tutto questo nel silenzio di una relatrice che, invece, dovrebbe chiedere all’Onu di intervenire perché, finalmente, l’organizzazione islamista venga sconfitta.

Ecco quindi che le sanzioni americane rappresentano la punta di un iceberg collocato in un’acqua melmosa dove Albanese, a quanto pare, nuota con disinvoltura, ora vezzeggiata da Hamas per le sue prese di posizioni univoche (non si faticano a comprendere le “simpatie” dei terroristi verso di lei) e difesa in patria da Elly Schlein, dall’Anpi e da quelle sigle che di umanitario, nei confronti dei rapiti israeliani, hanno mostrato ben poco in questo anno e otto mesi di prigionia nei tunnel di Gaza. Di certo, la figura di Francesca Albanese rimane serafica e inquietante in un ruolo così delicato che avrebbe preteso di essere ricoperto da un personaggio di ben altro spessore.

Intanto, con l’endorsement di Elly, la relatrice lancia una Opa seria su una sua candidatura nel Partito Democratico. La sua figura rappresenterebbe quella di una paladina per una certa area dei dem, un po’ come Vannacci per la Lega nel campo avverso. A quel punto Schlein dovrebbe guardarsi bene dalla sua concorrenza, perché la partita per la segreteria sarebbe aperta e Albanese potrebbe sorpassarla a sinistra. In questo modo l’anima storicamente propalestinese di dalemiana ispirazione potrebbe prendere il sopravvento nel partito, se solo la funzionaria lo volesse. Questo mentre le derive dell’Onu e delle organizzazioni dei diritti umani, sono ormai manifeste e sotto gli occhi di tutti. Le sanzioni richieste dall’amministrazione Usa certificano una situazione ormai insostenibile.