Questa la “scoperta” di Landolfi: come se la realtà stessa, nell’esperienza di Landolfi, si contrapponesse all’immaginazione (di cui lo scrittore sentiva tutti i pericoli, dato che, come osservò, immaginare la morte è già morire). Inoltre: giocava d’azzardo senza alcun sistema, e aspirava soprattutto a perdere («la perdita - leggiamo in Rien va - costituisce la chance più sovrana e imperiosa»). Soltanto perdendo tutto si tocca il nostro essere profondo, l’essenza stessa della condizione umana (di assoluto non-possesso): perdo, dunque sono. Tuttavia la nascita di un figlio non è una “perdita”! Nel commento al trattato di psichiatria del “signor Kraepelin” - la Biere du pecheur - Landolfi sembra mettere a fuoco la propria accidiosa “malattia” e scrive che a volte «nella nostra osservazione dei più indifferenti fatti od oggetti c’è qualcosa che non torna, e la nostra coscienza della realtà impallidisce...». Il punto è esattamente che tutto invece deve “tornare”, e deve tornare nello stile. La scrittura di Landolfi, questo «lessico prestigioso» (Contini), questo sontuoso «spettacolo verbale» (Calvino), dovrebbe costituire un argine contro la realtà che si gonfia di enigmi. Eppure il prezioso artificio dello stile sembra incrinarsi di fronte all’irruzione dell’Altro. Quei “Minor” e “Minimus” che in un primo momento appaiono come entità fittizie, non sono in realtà ciò che sembrano, non sono affatto inventati, contrariamente all’apparenza. Stavolta il più irresistibile personaggio dell’opera landolfiana, e cioè lui medesimo, con tutte le sue contraddizioni irrisolte (sensuale e sessuofobico, spietatamente sincero e ingannevole, vitalista e depressivo) deve cedere il posto ad altri e ben corposi personaggi. Quando a Oblomov o al dandy di Huysmans accade di “tenere famiglia”, qualcosa di realmente minaccioso interferisce con quei caratteri di compiaciuta eccentricità. Ciò che accade a Landolfi è che quell’Altro che irrompe nell’io con prepotenza non si identifica più con i fantasmi letterari del suo sottosuolo ma con un’alterità vicina e tangibile: Minimus e Minor.
Alla riscoperta di Landolfi, scrittore surrealista e dandy cambiato dalla paternità
