Merkel come Giuseppe Conte vengono infastiditi dalle relazioni parlamentari dei propri servizi segreti i quali apertamente sconsigliano l’adozione della tecnologia 5G marchiata dalla nota società cinese Huawei. Due rigori tirati dai servizi non parati dai rispettivi governi. Prima Bruno Kahl, capo della sicurezza tedesca, nel corso di un’audizione formale di una commissione del Bundestang aveva messo in guardia circa l’affidabilità del noto marchio cinese. Il capo della Bnd (i servizi tedeschi) ha lanciato l’allarme: Huawei dovrebbe essere tenuta distante da tutti quegli ambiti che toccano gli «interessi fondamentali» della Germania.
Non meraviglia come, prima di tutti, Chris Wrai capo dell’Fbi riguardo la nuova rete di telefoni cellulari Made in China avesse già lanciato lo stesso monito: «Consentirebbe loro (ai cinesi) di modificare o rubare informazioni e di fare spionaggio senza essere scoperti». Ora è toccato all’Italia. Il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, il Copasir, ora presieduto dal leghista Raffaele Volpe, ex sottosegretario alla Difesa, a metà di questo mese ha inviato ai presidenti di Camera e Senato la relazione (approvata all’unanimità) che riguarda anche la «sicurezza informatica a tutela dei cittadini, delle istituzioni delle infrastrutture critiche e delle imprese d’interesse strategico nazionale». Un capoverso ben inserito nella lunga premessa del documento parlamentare già anticipa le conclusioni: «Contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, pur formalmente indipendenti dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate alle istituzioni del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna».
Poche pagine più avanti viene evidenziato il secondo punto fondamentale: una norma in vigore in Cina, la Cyber Security Law «prevede che gli operatori di rete debbano fornire supporto agli organi di polizia e alle agenzie di intelligence nella salvaguardia della sicurezza e degli interessi nazionali». Questi sono i punti dell’intera vicenda. Confusione, commistione, scambi di relazioni tra le imprese e il Governo, quindi i servizi di sicurezza. Insomma, si teme l’eventuale monitoraggio e utilizzo delle informazioni che passano attraverso il sofisticato sistema 5G.
L’adozione delle tecnologie Huawei può diventare un rischio per la sicurezza nazionale? Così il Copasir: «Sulla basi di tali elementi informativi, il Comitato non può pertanto che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione, e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G». Infine, si «rileva che si dovrebbe valutare l’ipotesi, ove necessario tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G».
Perché questo scontro così duro riguardante l’adozione della tecnologia 5G marchiata Huawei? La rete 5G è circa cento volte più potente dell’attuale 4G, significa riuscire a scaricare un film della durata di due ore in circa quattro secondi. Il 5G rende possibile il veloce collegamento della massa d’informazioni provenienti dalle cose, il famoso Internet delle Cose (Internet of Things, IoT). Frigorifero, autovetture, sistemi di produzione, collari per animali, sanità, illuminazione della pubblica strada, semafori, presto sarà tutto collegato. E tutto ciò che è connesso è vulnerabile. Le informazioni del settore pubblico e privato si mischieranno nella rete e verranno elaborate da sistemi d’intelligenza artificiale.
I servizi segreti di Italia, Germania e Stati Uniti non sono un caso isolato. Nel Regno Unito il Department for digital, culture, media e sport ha pianificato di imporre nuove misure di sicurezza alle compagnie telefoniche in risposta al nuovo hardware di Huawei. Le reti 5G Huawei sono già state messe al bando in Giappone, Australia, Nuova Zelanda. Ciò mette in difficoltà la società di Shenzhen che conta 180milia dipendenti. Pechino non subisce le decisioni dei vari stati, ma, attraverso il sito Global Times, lancia strali, urla e minacce. In seguito alla recente decisione della cancelliera tedesca, pressata anche da alcuni membri del suo stesso partito, di rinviare importati decisioni riguardati l’adozione della tecnologia 5G Huawei, Pechino ha urlato il suo disprezzo.
Angela Merkel è stata bacchettata dalla poco remissiva Cina: «Se Berlino prendesse ulteriori provvedimenti per vietare Huawei per scopi politici, Pechino prenderebbe contromisure per frenare le società tedesche in Cina. Sarebbe questo il prezzo che il governo tedesco è disposto a pagare?». Tutto ciò dovrebbe fare riflettere. È lecito che Pechino utilizzi la sua forza politica per aiutare una società che, secondo i cinesi, è a capitale privato? Ora il governo italiano non potrà più fare finta di nulla, anche se sono ben noti a tutti i buoni rapporti che i Cinque Stelle vantano con gli amici cinesi. Per dipanare la matassa, la soluzione che molto probabilmente adotterà il Governo sarà quella di spostare l’attenzione sul piano tecnico. Non è da escludere che a breve capaci ingegneri e informatici verranno incaricati per dare un parere sulla affidabilità della buona tecnologia del colosso cinese, ma il problema non è questo. È risaputo: la tecnologia Huawei è la migliore al migliore prezzo disponibile sul mercato. Però la questione riguarda la geopolitica, la sicurezza nazionale e l’intelligence. E la buona politica.
