Altro che ventaglio, ci pensa l’arbitro Mattarella a sventagliare tutti

L’arbitro ha fischiato. Lo aveva già fatto in precedenza. Ma mai, come ieri, richiamando “ciascuno” tra i soggetti politici, amministrativi e istituzionali “a fare il proprio mestiere senza pretendere di fare abusivamente la parte di altri”. Riguarda tanti temi: giustizia, Pnrr, emergenza climatica, messa in sicurezza del Paese, giusta e corretta informazione “che è garanzia di libertà e democrazia” e deve essere tutelata.

E visto che l’arbitro è Sergio Mattarella, che i giocatori in campo fanno un po’ tutti, più o meno, come gli pare – ad esempio giusto ieri il ministro Fitto ha ufficializzato il rinvio di 16 miliardi di progetti del Pnrr – quei fischi assomigliano tanto a cartellini rossi. Che restano sospesi in attesa della necessaria consapevolezza. Di tutti: amministratori e cittadini.

Il Presidente della Repubblica prende parte, dopo due anni di stop, alla cerimonia del Ventaglio che è il tradizionale incontro con la stampa parlamentare e i direttori di giornali, radio e tv. Accoglie i giornalisti nella sala del Bronzino che normalmente ospita le delegazioni dei vari partiti quando ci sono le consultazioni.

Adalberto Signore, presidente della stampa parlamentare, lo sollecita su vari punti, a cominciare dalla così scarsa attitudine del governo a comunicare con la stampa, a rendere trasparente il lavoro svolto. E poi giustizia, immigrazione, crisi del ruolo del Parlamento, Pnrr.

Mattarella risponde punto su punto. Nel linguaggio posato dallo staff del Quirinale si tratta di “moniti” e “richiami”. Se si fanno atterrare le parole pronunciate in quelle scritte (il discorso è disponibile integralmente sul sito del Quirinale) i “moniti” suonano come solenni rimproveri. “Ciascuno deve fare la propria parte e farla bene senza confondere i ruoli o travalicando il proprio ambito” scandisce la parole il Capo dello Stato.

Vale per tutti, non c’è dubbio. Ma per chi ha obblighi di rappresentanza e governo, così come di informazione, vale certamente di più. E allora, si comincia dalla giustizia. Il capo dello Stato ha fatto riferimento ad alcuni scontri (governo e Anm sulla riforma, ma anche i casi La Russa e Santanchè, lo stesso Parlamento) che hanno sembrato dimenticare il principio costituzionale della “leale collaborazione”.

Mattarella parla della “esigenza ineludibile che i vari organismi rispettino i confini delle proprie competenze e che, a livello istituzionale, ciascun potere dello Stato rispetti l’ambito di attribuzioni affidate agli altri poteri”. Questo vale per la magistratura che “in piena autonomia e indipendenza” deve “operare e giudicare secondo le norme di legge, interpretandole, anche, correttamente secondo Costituzione, e tenendo conto che le leggi le elabora e le delibera il Parlamento, perché soltanto al Parlamento, nella sua sovranità legislativa, è riservato questo compito dalla Costituzione”.

Vale però anche in senso opposto, ossia: “Va garantito il rispetto del ruolo della magistratura nel giudicare, perché soltanto alla magistratura questo compito è riservato dalla Costituzione”. E qui arriva la zampata più inattesa. Il Capo dello Stato ha sollevato il tema delle commissioni parlamentari di inchiesta che stanno proliferando in questa legislatura: quella sul Covid, l’altra su David Rossi giunta ormai alla sua terza edizione, quella su Emanuela Orlandi e altre ancora quasi che il Parlamento, ridotto a poco più di un pulsantificio, cercasse gratificazione nelle commissioni parlamentari d’inchiesta che hanno poteri equivalenti a quelli della magistratura. “Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della Magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della Magistratura”.

Mattarella non ha citato alcuna commissione. Si sa però che nella legge che istituisce la commissione d’inchiesta sul Covid all’articolo 3 comma T si propone di valutare anche la costituzionalità dei provvedimenti varati durante l’emergenza pandemica. “Non sono le Camere a poter verificare, valutare, giudicare se norme di legge – che il Parlamento stesso ha approvato – siano o meno conformi a Costituzione, perché questo compito è riservato, dall’art.134, in maniera esclusiva, alla Corte Costituzionale. Non può esistere una giustizia costituzionale politica”. No ad un quarto grado di giudizio.

Il Capo dello Stato ha promosso la decisione del governo di mettere l’Africa al centro del dossier immigrazione, ed è stata questa forse la parte già morbida dell’intervento. Sul Pnrr ha rinnovato l’appello degasperiano di “mettersi alla stanga”, ciascuno faccia quello che deve e a testa bassa, perchè “un’eventuale sconfitta sarà dell’Italia e non solo del governo”.

Parole che sono molto piaciute al ministro Fitto che nel primo pomeriggio ha comunicato il verdetto dell’ultima cabina di regia sul Pnrr: saranno rivisti 144 investimenti e riforme. Nove misure per un totale di 15,9 miliardi saranno definanziate dal Pnrr e “salvaguardate in futuro con altre forme di finanziamento”. “Non tagliamo nulla – ha precisato il ministro – stiamo riorganizzando per poter poi spendere meglio”.

Infine il clima. Di fronte a quanto stiamo vedendo e vivendo ogni giorno, il Capo dello Stato ha definito “sorprendenti” – come lo sguardo con cui ha sottolineato questo passaggio – “certe discussioni sulla fondatezza dei rischi, sul livello dell’allarme, sul grado di preoccupazione che è giusto avere per le realtà che stiamo sperimentando”. I negazionisti del clima, dopo quelli dei vaccini e della guerra, dei pass e del Covid sarebbe il caso che… anche no.