Aspettando Godot in Alaska, Putin sa che Trump vuole la scorciatoia, lui invece è per l’“allungatoia”

Prima di muoversi da Mosca, Putin ha tenuto una lunga conferenza stampa sulla politica estera della Federazione con giornalisti di tutto il mondo. Ma per quanto riguarda il vertice di questa sera con Donald Trump e sul suo esito, si è chiuso a ostrica. I ministri degli esteri daranno le informazioni necessarie e, quando il vertice sarà finito, i due protagonisti decideranno se fare un comunicato congiunto, un duetto davanti ai microfoni, oppure andarsene ognuno per conto suo e tornare a casa. Da Washinton, il Presidente Trump mostra un malumore per il russo accumulato giorno dopo giorno e lo ha ammonito: “Putin, tu sai bene chi fra noi due è il più forte. Quindi, basta con i giochetti: chiudiamo questa guerra”. Putin sa che Trump vuole la scorciatoia e lui invece è per l’“allungatoia”, Il match comincerà alle nostre 21:30 e sarà una lunga notte.

Che cosa ha in mente Putin mentre si dirige verso Anchorage, in Alaska? La sua linea non è mai cambiata: ha sempre sostenuto che- per diritto storico (anche se in conflitto con il Diritto Internazionale) – ciò che è stato russo nel passato, sia che venga dalle conquiste di Pietro il Grande o da Caterina la Grande e poi da Stalin, tutto ciò che è stato russo, è russo per sempre. Forse, per sfidare la sua mentalità imperialista. Trump ha scelto l’Alaska per il vertice, proprio perché l’Alaska era russa prima di essere venduta per un pugno di dollari agli Usa. Putin è stato molto impegnato negli ultimi giorni – quelli in cui scadeva l’ultimatum ignorato da Trump affinché mettesse fine alla guerra con l’Ucraina e si è dedicato a scatenare l’inferno nel Donbass, moltiplicando la sua crudele ambizione non negoziabile. Ha detto e messo per iscritto che vuole i cinque oblast ucraini come nuove proprietà russe, benché i territori non siano stati mai conquistati per intero e dove gli ucraini non hanno intenzione di cedere.

Negli ultimi giorni è cresciuto un sottobosco di ipotesi, ora credibili e ora fantasiose che dovrebbero stupire gli americani. Mosca, infatti, intende offrire una pace duratura ma ancora acerba. (Sottotesto: scusateci, ma le nostre guerre come le nostre paci sono complicate, lo diremo noi quando siamo pronti, inutile insistere). Spendendo un po’ del credito di benevolenza dei giornali filoputiniani dell’Occidente, Putin e il suo circolo di stramiliardari del Cremlino offre un fantastico trattato sulla proliferazione nucleare che non porterà subito la pace in Ucraina, ma assicurerà la pace alle generazioni che verranno. In televisione usava un tono mogio ma responsabile e il body language solenne dei buoni propositi: “Sono consapevole sia dei gradi rischi che dei grandi benefici che un vertice come questo può portare a tutti. E io lavorerò soltanto per una pace duratura in cui Stati Uniti e Russia si assumeranno la grande responsabilità di garantire… bla-bla-bla…”. Putin parla meditando e spesso ricomincia una frase per correggerla. A Kyiv davanti ai televisori, la gente abbozzava un’espressione sarcastica mentre gli uomini della protezione civile spazzavano le macerie dell’ultimo attacco notturno per mostrare la struttura alle sue buone intenzioni. L’obiettivo sembra sempre dunque lo stesso di una settimana, un mese, un anno fa: la Russia rivuole il suo posto nel salotto buono dei grandi affari, desidera che circolino tonnellate di petrolio e gas, vuole vendere i suoi minerali e coltivare con passione il complesso militare industriale grazie al quale le guerre sono tornate ad essere affari e portano opulenza.

Ieri mattina, dall’altra parte dell’Oceano, mister Trump rispondeva sempre alla stessa ragliante domanda dei cronisti: “Che cosa farà se alla fine anche questo vertice si riducesse alla solita furbizia di promettere senza rispettare le promesse?”: Trump ha risposto mille volte: “Sarebbe una bruttissima cosa. E io reagirei male, molto male”. Era ossessionato dall’idea di dare una risposta univoca anziché equivoca.
Che cosa Putin sarà disposto ad accettare e che cosa – invece – dirà di poter solo prendere in considerazione e rimandare in attesa che siano compiuti i molti passi della danza russa? Rileggendo la tempestosa cronaca di tutto ciò che è accaduto durante la settimana scorsa e che ha portato al “summit” in Alaska si vede come Trump abbia più volte perso le staffe infuriandosi col dispettoso e isterico Medvedev che aveva minacciato gli States di guerra nucleare. Da quel momento anche l’ammirazione per Putin è scemata e Trump vuole una rivalsa molto rischiosa. E questa preoccupa Putin ma nessuno può dire fino a che punto. Stanotte sapremo.