Il Movimento varca il Rubicone, il centrosinistra attraversa il suo Mar Rosso. Elly Schlein e Giuseppe Conte alla fine votano a favore della missione Aspides – con finalità eminentemente difensive, non offensive – e già che ci sono, con il voto in Senato ieri approvano la missione Levante (aiuti a Gaza) e la European Union Advisory Mission in Ucraina.
Voti che pesano: piccoli gesti per un parlamentare ma gesta epocali per riposizionare l’arco del centrosinistra in un contesto di maturità atlantica. La risoluzione di maggioranza e quelle presentate separatamente da Pd, M5S, Azione e Italia Viva autorizzano il Governo alla partecipazione alle missioni militari e di sostegno, armi in spalla, alle popolazioni civili colpite da conflitti. La notizia è che il partito di Conte si rimangia la linea irenistica dell’astensione (ma tra il 2018 e il 2021 i due governi guidati dallo stesso Conte avevano aumentato le spese militari da 21 a 24,6 miliardi di euro l’anno, con un aumento del 17%) e vota a difesa delle navi mercantili minacciate dagli Houthi. Si saranno resi conto anche i grillini, se i nomi contano, che l’Aspide, cannone di fabbricazione italiana del XV secolo, era di corta gittata e aveva caratteristiche prettamente difensive. Nel riposizionare le opposizioni sulla politica internazionale e di difesa, Avs rimane sola.
Bonelli e Fratoianni alzano le mani anche davanti all’attacco subito solo tre giorni fa da Nave Duilio della Marina Militare italiana. E le alleanze costruite faticosamente per le regioni dove si vota – l’Abruzzo tra quattro giorni, poi Basilicata, Umbria e Piemonte – vanno così in mille pezzi sul tavolo del risiko internazionale. Il Campo largo davanti alle armi diventa un campo minato, tenere insieme local e global non è facile. Né è facile mantenere l’equilibrio tra sensibilità laiche e cattoliche, in un centrosinistra in cui troppe fughe in avanti della segreteria Schlein sono andate di traverso agli alleati, ma anche a molti tra i Dem.
L’aborto nella Costituzione francese ha dato a Schlein la carica di una Marsigliese. E le ha permesso di fare sponda per un arrembaggio sul fronte dei nuovi diritti, come quello dell’adozione per le famiglie omogenitoriali. “La Ministra Roccella rispetti le difficoltà che le famiglie omogenitoriali sono costrette ad affrontare in questo Paese. Non esistono procedure semplici e accessibili: queste famiglie devono rivolgersi a un giudice e affrontare un iter lungo, costoso, faticoso e invasivo.
Questo accade a causa dell’assenza di una legge che – lo ripeto – è stata richiesta dalla Corte costituzionale fin dal 2021. Una legge che servirebbe ad assicurare non solo una tutela piena, rapida e certa a queste bambine e bambini ma anche un bene prezioso e costituzionalmente necessario: la loro piena eguaglianza”. La Ministra Roccella replica facendo osservare che l’ordinamento in materia di adozioni non è stato toccato dal governo Meloni, ed è lo stesso di quando il Pd è stato al governo negli ultimi anni. L’argomento non sembra scaldare i gruppi parlamentari del Pd.
Quasi nessuno, tra i maggiorenti del Nazareno, interviene nella polemica. Bocche cucite. Gli strappi e le tensioni tra cattolici democratici e segreteria Schlein sono all’ordine del giorno. E anche quando Schlein torna in Abruzzo – oggi e domani la leader dem sarà di nuovo in campagna per D’Amico – si fa accompagnare solo da Pierluigi Bersani. La stessa coppia che ha guidato il tour elettorale in Sardegna. Il resto del partito sta a guardare, pronto a tirare le somme in caso di passo falso della segretaria con il candidato ex Rettore.
D’altronde il girone delle amministrative va di pari passo con le Europee. A giugno si vota in centinaia di Comuni – da Firenze a Bari, da Perugia a Cagliari, da Pescara a Ascoli – e sono in tanti a guardare ad alcune di quelle sfide come traguardi difficili da superare per la segretaria Dem. “Se perde Firenze, Elly va a casa”, vaticina Matteo Renzi mentre si prepara ad inaugurare la Leopolda 12, da venerdì a domenica a Firenze. “Dalla Leopolda uscirà chiara la nostra posizione per l’Europa e per le comunali”, fa sapere.
Da giorni è in fibrillazione tutto il variopinto arcipelago civico, moderato, centrista. Si va ricomponendo l’area cattolica, popolare, sociale con la sottoscrizione dell’accordo fra ‘Tempi Nuovi’ di Giuseppe Fioroni e ‘Insieme’ di Stefano Zamagni. “Un impegno che ha l’obiettivo di ridare voce e protagonismo al mondo cattolico democratico, popolare e sociale da troppo tempo marginale ed irrilevante negli equilibri politici del nostro Paese”, dicono i due protagonisti. E si mettono insieme le decine di liste civiche riunite nella Federazione dei Civici Europei. “Noi non partecipiamo alle divisioni, ma al processo.
Ragioniamo sui progetti, non sui soggetti. Non aderiamo a partiti ma al progetto degli Stati Uniti d’Europa. Crediamo in una Europa Nazione. Abbiamo candidati in ogni collegio ma non liste. Se li useremo politicamente o meno alle prossime Europee, questo dipenderà dall’evolversi complessivo”, dichiara Claudio Signorile, tra i promotori di un incontro al Palazzo dell’Informazione (AdnKronos) con tutti i delegati delle liste civiche. La dimensione glocal, il locale in scala globale, il micro che compone il macro, i campanili che parlano di Europa sono stati al centro di un serrato dibattito a cui hanno preso parte Mezzogiorno Federato, Alleanza Civica del centro e Alleanza Civica del nord, tre realtà che si sono espresse per bocca di Franco D’Alfonso, Felice Iossa, Franco Raimondo Barbabella, Stefano Rolando, Giampaolo Sodano, Francesca Straticò e Alfredo Venturini.
“È in corso un processo che con prudenza si è messo in movimento e non ha riferimenti in strutture partitiche, ma che si struttura intorno agli Stati Uniti d’Europa e a quei riferimenti valoriali della cultura cattolica cristiana, socialista, liberale, laica, che trova nei civici un elemento di novità”, hanno rilevato al termine dei lavori. Se e quanto questo campo riuscirà a contare, dalle sfide per i municipi a quella per l’Europarlamento, sarà la storia di questa primavera elettorale a dirlo.
