Una vita da indagato, o quasi. È finito, solo parzialmente, quattro giorni fa l’incubo di Pierdomenico Garrone: l’imprenditore, ex presidente di Enoteca Italiana, è stato infatti assolto definitivamente dopo il coinvolgimento in una inchiesta della Procura di Asti dell’aprile 2006.
A Garrone, così come ad altri sette indagati, l’allora procuratore Salvatore Sorbello contestava reati come associazione per delinquere, false fatturazioni, e truffa ai danni dello Stato. Una inchiesta nata nel 2005 per la natura di alcune fatture e poi estesa ad indagare sul crac di Buonitalia, società che aveva assorbito Enoteca Italia, avvenuto nel 2013, otto anni dopo le dimissioni di Garrone.
Una vicenda giudiziaria chiusa il 29 ottobre scorso dalla Corte d’Appello di Roma che ha respinto il ricorso presentato dalla procura della Capitale, dove il fascicolo si era ‘trasferito’ negli anni scorsi. Una decisione che per Garrone “sancisce che la gestione dell’ente da parte mia fu corretta e non ci fu alcun tipo di illecito”.
A ripercorrere le tappe della vicenda è lo stesso Garrone: “Quel giorno ero in treno – racconta Garrone aIl Giornale – ed erano le sette del mattino. Mi arrivano le telefonate di mia madre e di mia sorella che mi raccontavano che la Guardia di finanza aveva fatto irruzione in casa con un mandato di perquisizione. Alle dieci e mezza la Procura di Asti fece la conferenza stampa raccontando tutto come se fossi già stato dichiarato colpevole”.
Garrone, presidente di Enoteca Piemonte e Enoteca Italia, due enti per la promozione dei vini, si dimette il giorno stesso. Ma a lasciare è anche il procuratore Sorbello, che diventa presidente di un ente pubblico contro la contraffazione dei marchi, col fascicolo che passa a Roma.
Nella Capitale ad indagare è il pm Stefano Rocco Fava (oggi giudice civile a Latina), recentemente rinviato a giudizio assieme a Luca Palamara per presunte ‘soffiate’ a giornalisti.
Dodici anni dopo l’avvio dell’inchiesta arriva la sentenza di assoluzione in primo grado perché il fatto non sussiste: Fava presenta ricorso, rigettato e dichiarato inammissibile in Appello dopo altri quattro anni confermando dunque la sentenza di primo grado.
Ma Garrone non denuncia solo la giustizia lumaca, la carriera distrutta da una inchiesta finita nel nulla: l’ex presidente di Enoteca Italiana denuncia infatti di non essere mai stato interrogato dai suoi accusatori, sia Sorbello che Fava. “Io da quel magistrato non sono mai stato ascoltato, non l’ho mai visto. Così come non avrei visto nessuno dei pubblici ministeri che gli sono subentrati”, spiega Garrone.
“Rifarei tutto perché tutto è sempre stato fatto con terzietà di interesse – aveva spiegato subito dopo la sentenza il manager, fondatore de Il Comunicatore Italiano e con ruoli ricoperti anche in Aeroporti di Roma e Regione Piemonte -, assenza di conflitti di interesse, per l’interesse pubblico e generale del settore vitivinicolo di Acqui Terme, della Regione Piemonte, del Governo Berlusconi che mi aveva nominato. Carta dei Vini dell’Enoteca d’Italia e così del Piemonte resta ancora oggi un modello di promozione di successi”.
Ma 16 anni vissuti da imputato hanno avuto effetti drammatici per la reputazione del manager. Per questo, spiega lo stesso Garrone, “sto lavorando alla creazione di un’associazione che si chiamerà Diritto alla buona fama e si occuperà della tutela della reputazione delle persone e delle aziende a fronte di situazioni come quella che mi ha coinvolto a lungo. Sono stato assolto e le spese processuali le paga lo Stato, ma io vorrei sapere a chi dare il mio Iban per il risarcimento di quello che ho speso“.
