Augusto Barbera, la laicità aperta del neo presidente della Corte Costituzionale

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 12-12-2023 Roma (Italia) Politica - Conferenza stampa del nuovo Presidente della Corte costituzionale. Nella foto: Augusto Barbera 12-12-2023 Rome (Italy) Politics - Press conference of the new President of the Constitutional Court. In the pic: Augusto Barbera Foto Roberto Monaldo / LaPresse 11-12-2023 Roma Politica Conferenza stampa del nuovo Presidente della Corte costituzionale Nella foto Augusto Barbera 12-12-2023 Rome (Italy) Politics Press conference of the new President of the Constitutional Court In the pic Augusto Barbera

Il principio di laicità riassume il complesso dei valori che caratterizzano il costituzionalismo liberaldemocratico dell’Occidente (p. 9), nella convergenza tra le tre Rivoluzioni occidentali: quella inglese del 1688-1689, quella francese del 1789, quella nordamericana che ispira e segue la Dichiarazione di Indipendenza (p. 13) ed ha alla base l’idea che persone e gruppi siano portatori di “verità parziali (o, se si preferisce di visioni parziali della verità)” (Ivi). Questa è la premessa di fondo del ragionamento di Augusto Barbera, neo-eletto Presidente della Corte costituzionale, nel suo testo edito dal Mulino qualche settimana prima dell’elezione, “Laicità. Alle radici dell’Occidente”, un’elaborazione che pur non nasconde i problemi di oggi, tant’è che inizia la sua opera, profonda nel contenuto ma di agile lettura anche per i non iniziati, con la sacralizzazione dell’aggressione russa all’Ucraina benedetta dal patriarca ortodosso Kirill o la repressione in Iran delle ragazze senza velo (p. 7) e anche con altre contraddizioni più vicine a noi, come l’ossessione francese contro il velo e i vari simboli religiosi nello spazio pubblico (p. 10).

Barbera entra quindi in medias res col primo capitolo, che si intitola “La lunga marcia” e che segnala la diversità dei percorsi e dei volti della laicità con un ampio e globale excursus storico. Nel secondo capitolo su “Le tre Rivoluzioni dell’Occidente” è ripercorsa anche la vicenda italiana, con la nuova Costituzione che evitò sul momento in modo pragmatico di rinverdire conflitti religiosi, grazie a una formula di costituzionalizzazione del metodo concordatario che poi negli anni ’80 coi nuovi accordi e con alcune sentenze della Corte costituzionale consentì di rimettere in asse coi principi della Costituzione il rapporto tra Stato e Chiesa cattolica (p. 65). È stata soprattutto l’esperienza americana della “religious freedom” a marcare l’idea di uno “spazio pubblico aperto ai valori religiosi” (p. 67) in cui lo Stato non si ingerisse nella vita delle comunità religiose, mentre in Francia è invece prevalsa storicamente una visione di laicità “protetta”, di istituzioni da difendere da pressioni religiose, ossia una laicità “militante” (p. 75). Un approccio, quest’ultimo, comprensibile storicamente per la frattura di quella Rivoluzione. Ma che è rimasta in quei termini minoritario in Occidente “perché, finora, si è mostrata vincente la sfida delle libertà proprie delle democrazia aperte” (p. 77).

Proposta questa ricostruzione complessiva, il capitolo 3 è dedicato al caso italiano e, dopo la frattura segnata dalla presa di Roma e dal Concordato confessionalista del 1929, segnala la progressiva convergenza tra la laicità aperta e l’evoluzione della Chiesa cattolica con il Concilio Vaticano II, dovuta anche all’esperienza della Chiesa americana e all’influsso delle correnti personaliste (pp. 100-101). Rientra in questa progressiva convergenza la sentenza della Corte costituzionale del 1989 che ha designato la laicità come principio supremo dell’ordinamento (p. 110), affermazione che non va intesa in senso francese, come un principio a sé staccato dal contesto, ma come sintesi degli equilibri della Costituzione in rapporto al plurale fenomeno religioso, come “un crocevia tra vari principi” (p. 142), che la Corte ha applicato con pragmatismo ed equilibrio nei vari casi portati al suo esame.

Il Capitolo quarto è dedicato alle sfide per il futuro, ad alcune retoriche oggi minoritarie su principi non negoziabili che si pretenderebbe in qualche modo di imporre secondo una logica tutto-nulla che stride col pluralismo democratico (p. 159), ai rischi per certi versi opposti di una retorica individualistica sulla moltiplicazione di diritti senza limiti, scambiando spesso un dovere dello Stato di non eccedere nell’uso del diritto penale con l’affermazione di una volontà individuale onnipotente. “Non tutto ciò che è lecito sul piano penale costituisce esercizio di un diritto di libertà”, afferma Barbera, marcando una differenza tra una visione liberal-democratica ed una libertaria estrema (p. 171), dove la prima accetta un bilanciamento di interessi e valori e la seconda tende ad escluderlo (p. 174). Nonostante spesso ci sia un’enfasi sui conflitti vanno però valorizzati anche i momenti di consenso, come la legge italiana sulle unioni civili (p. 182). In questo senso le segnalazioni dei problemi, compreso quello dei rischi di onnipotenza della tecnica, non intendono essere una prognosi negativa, ma solo la segnalazione di soluzioni nuove che vanno trovate dentro l’approccio rivelatosi fecondo della laicità aperta nel nostro Occidente.