Australia, il ricercatore Barak sulla strage: “Tragedia annunciata, il Paese è attraversato da una rete di estremismi”

«Non è facile essere ebreo in Australia». Michael Barak, senior researcher dell’Institute for Counter-Terrorism (Ict di Herzliya), osserva da tempo le dinamiche che hanno portato ai fatti di sangue a Sydney. «Il Paese è attraversato da una complessa rete di estremismi, che coinvolgono l’Islam, movimenti pro-Pal di sinistra, ma anche neonazisti».

Quindi non possiamo parlare di lupi solitari.
«Assolutamente no. Quanto accaduto richiede tempo, risorse e soprattutto una struttura di appoggio alle spalle. Si è trattato di un attentato calcolato nei tempi giusti, in coincidenza con una festa ebraica. Gli assalitori hanno dimostrato un’adeguata capacità nell’utilizzo delle armi. Tutto questo porta a escludere qualsiasi tipo di improvvisazione».

La firma è dell’Isis. Possiamo confermarla?
«Certamente sì. Ma non lascerei da parte soggetti esterni nella pianificazione. L’Iran non ha altro che da guadagnare da questi fatti. E la sua presenza in Australia non è cosa nuova per le agenzie di intelligence. Per australiani e israeliani certo che no. Ma, ancora lo scorso anno, dalla Georgia era giunta la notizia di una cellula terroristica intercettata dalle unità di sicurezza locali, pronta a partire per quei quadranti del mondo così lontani per noi. D’altra parte la firma dell’Isis è evidente».

In che cosa? Nel fatto che a colpire siano stati i pakistani?
«I pakistani sono da sempre in prima linea. Un po’ come se a loro venisse attribuito il lavoro sporco. Il Paese fornisce molti elementi che facilitano il reclutamento tra i suoi cittadini. Gli expat distribuiti in più continenti. La posizione geografica della madrepatria, così vicina all’Afghanistan e all’Iran, quanto anche facile da raggiungere dal Golfo. Non dimentichiamoci che la presenza di al-Qaeda in Pakistan è stata da sempre capillare».

E perché proprio in Australia?
«Perché è attrattiva per l’Islam radicale. Sede com’è di università islamiche, finanziate sia dall’Iran sia dai ricchi salafiti (la corrente sunnita più rigorosa nell’interpretazione del Corano, Ndr). La parte sciita è coperta da enti quali l’Australian Shia Center e l’al-Mustafa International University. Quest’ultima è nata nel 1979 a Qom, la città di Khomeini. Entrambe promuovono la glorificazione dell’ayatollah Khamenei. Si tratta di soggetti sono legati a Hezbollah e a Teheran. Com’è ovvio. Altro nome influente è il Global Gathering to Support the Choice of Resistance (Ggscr), network iraniano con sede a Beirut, legato agli houthi in Yemen, ad Hamas e alla Jihad islamica. Il Ggscr inneggia alla lotta globale al sionismo. Nello specifico in Australia, conta sostegni espliciti dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Lato sunnita, c’è l’al-Rahman Islamic Center, istituto omonimo di quello canadese che dal 2006 è sotto osservazione per i suoi legami con il terrorismo. A questo vanno aggiunti predicatori salafiti basati nel Regno Unito e invitati a parlare alle comunità sunnite locali».

Sciiti e sunniti, uniti sotto lo stesso ombrello. Un’anomalia per l’Islam.
«Sunni e shia insieme fanno il sushi. Permettetemi questa battuta pur in un momento così drammatico. In certi contesti, il mio nemico diventa mio amico. La collaborazione sul campo tra le due fazioni è opportunistica. Lo si vede in Siria, per quello che sta succedendo proprio in questi giorni. E non è certo una novità. In Australia, entrambe le parti trovano facile spazio di manovra a causa delle locali politiche di apertura. Sfruttano le opportunità che vengono offerte dalla democrazia e dalla libertà di parola. Le stesse comunità aborigene sono vittime di strumentalizzazioni».

In che senso?
«Come possiamo interpretare la presenza di bandiere palestinesi alle manifestazioni in favore dei nativi australiani? E mi riferisco a fatti di inizio anno. Il supporto reciproco è palese. Il sostegno economico è invece di origine islamica. Prevalentemente salafita».

Barak, lei ha accennato a legami con il mondo sovversivo di destra e di sinistra locale.
«Il sostegno pro-Pal da sinistra oggi è più evidente. È legato personalità quali Tim Anderson, protagonista della lotta extra parlamentare australiana. È di respiro globale. Quello di destra è, invece, più tradizionale. L’Australia è stata terra di rifugio di ex nazisti e di tedeschi fuggiti da Sarona, quartiere storico di Tel Aviv, fondato da una colonia di templari tedeschi, in parte affiliati al nazionalsocialismo, che sono stati allontanati per ovvi motivi una volta che è nata Israele. Oggi, i nipoti di quei tedeschi stanno rispolverando le idee estremiste dei nonni».