Avvocati e magistrati ricordano Vincenzo Albano, giudice coraggioso

Sono passati dieci anni dalla morte di Vincenzo Albano e l’avvocatura ricorderà, il 6 dicembre prossimo al Mercadante, la sua figura di magistrato e soprattutto di uomo, di galantuomo, che ha sempre saputo «mettere in campo il coraggio e la fermezza necessaria per affrontare le battaglie quotidiane, quelle giudiziarie e quelle pratiche». Queste le sue parole al momento dell’insediamento quale presidente del Tribunale di Torre Annunziata. Parole non di circostanza, perché quello era il suo modo di agire: fermezza, ma anche grandissima umanità nel giudicare e nei rapporti con le parti processuali.

È stato indimenticabile presidente della XI sezione penale e del Riesame del Tribunale di Napoli, lasciando nei colleghi e nella stessa avvocatura, dopo la sua scomparsa, un vuoto culturale e affettivo. Un punto di riferimento per tutti, particolarmente per giovani magistrati ed avvocati. Chi scrive, all’epoca consigliere della Camera penale di Napoli, ricorda la sua partecipazione attiva nell’organizzazione dello spettacolo “Illuminato a morte”, che si tenne il 5 aprile 2002, nel Salone dei Busti di Castelcapuano. Luogo in cui non si era mai tenuta alcuna rappresentazione teatrale e non ve ne sono state altre. Fu un evento importante ed Enzo Albano seppe essere al nostro fianco, giovani avvocati, con lo stesso entusiasmo. Il monologo, del bravissimo attore Peppino Mazzotta, mise a nudo l’inconsistenza di qualsiasi argomentazione a favore della pena di morte e il successivo dibattito vide protagonista il presidente Albano sul fondamentale tema del «senso della pena».

La serata al Mercadante dal titolo “Sul luogo del delitto” – nata dall’idea dell’avvocato Antonio Vladimir Marino e voluta dal consiglio dell’Ordine e dalla Camera penale – prevede la proiezione della simulazione del processo che vide D’Annunzio contro Scarpetta, nella quale Vincenzo Albano rivestì il ruolo del giudice Giaquinto, all’epoca dei fatti presidente dell’VIII sezione del Tribunale di Napoli a cui spettò emettere la sentenza. Ricordarlo in teatro è, pertanto, giusto e lo farà il giudice Vincenzo Lomonte. Egli amava tutte le forme artistiche ed è stato anche pubblicista e consigliere dell’Ordine dei giornalisti della Campania. Dopo la proiezione, saranno rivisti alcuni frammenti cinematografici tratti dallo spettacolo “Delitto di parodia” con la regia di Francesco Saponaro, che curò lo spazio scenico in occasione di “Illuminato a morte”. È un ritorno sul luogo del delitto, perché fu proprio nel Real Teatro Mercadante che Eduardo Scarpetta, il 3 dicembre 1904, mise in scena “Il figlio di Jorio”, parodia della tragedia pastorale “La figlia di Jorio” di Gabriele D’Annunzio.

Parodia che indispettì il Vate, che fece causa a Scarpetta. Si celebrò così, in Italia, il primo processo avente ad oggetto il diritto d’autore. La causa andò avanti fino al 1998 e si concluse con la piena assoluzione dell’autore della parodia in quanto il fatto non costituiva reato, nonostante la stampa dell’epoca si fosse schierata apertamente con D’Annunzio. Evento raccontato, brillantemente, da Mario Martone nel recente e bellissimo film “Qui rido io”. Sul tema del rapporto tra stampa e giustizia sarà poi incentrato il dibattito moderato dal giornalista del Corriere della Sera Luigi Ferrarella, a cui parteciperanno gli avvocati Claudio Botti e Domenico Ciruzzi, protagonisti della simulazione che si tenne il 29 aprile 2008 al teatro San Ferdinando, in occasione del centenario della celebrazione del processo, Francesco Saponara, regista dello spettacolo “A causa mia” e Angelo Curti, presidente di Teatri uniti. Una serata, quindi, tra ricordi, spettacolo e Giustizia e un confronto sul rapporto tra il cosiddetto quarto potere ed uno dei tre poteri dello Stato, quello giudiziario, esercitato dalla magistratura. Tema sempre attualissimo, oggi in particolare, dopo la recente approvazione del Decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza.