Ciò non ha impedito, in linea con il rafforzamento patrimoniale già evidenziato negli ultimi anni e con le numerose operazioni di cessione delle partite problematiche, di far crescere ulteriormente, anche nel 2019, il coefficiente Cet1 relativo ai requisiti patrimoniali che si attesterà su un valore medio del 15%, superiore a quello di sistema. In più le Banche popolari stanno risolvendo concretamente i problemi di liquidità con strumenti idonei già individuati. La fotografia che ne emerge è, dunque, quella di un sistema necessario per rompere il pendolo recessione-stagnazione che caratterizza da quasi venti anni la nostra economia reale e che è la vera causa della scarsa redditività del sistema bancario. Solo per questi motivi, e non per una difesa fine a sé stessa, eventuali ipotesi e progetti di integrazione allo studio dovranno essere vagliati e approfonditi dagli istituti interessati che, attraverso i propri organismi, a cominciare dalle assemblee dei soci, sono gli unici legittimati a prendere decisioni dopo averne analizzato i pro e i contro. Continuare a pensare che aggregazioni imposte ideologicamente dall’alto possano accrescere la produttività del sistema bancario, significa non affrontare il problema ma produrne di più di quelli che si vorrebbe risolvere. Soprattutto in un Paese come l’Italia con un tessuto produttivo, asfittico e in debito di ossigeno, variegato di piccole e medie imprese.
Banche europee poco produttive, anche gli istituti di credito vivono di economia reale
