Barga un paradiso nel nulla: capitale del bello e del buono

Per cominciare un’avvertenza dovuta: chi scrive abita e ama questi luoghi.
Mi riferisco a Barga, alla Valle del Serchio, alla vicina Garfagnana, a quelle terre che ispirarono Giovanni Pascoli che qui scrisse tra le tante opere memorabili L’ora di Barga: “È tardi, è l’ora! Sì, ritorniamo dove son quelli che amiamo ed amo”.
Il Ciocco, il resort che il mio babbo Guelfo prima sognò e poi riuscì a realizzare è a pochi passi da Barga, nella frazione di Castelvecchio Pascoli. In pratica, il centro del nostro mondo. Non un semplice albergo, ma il sogno di Guelfo per l’appunto, un grande parco di quasi mille ettari di verde, un resort oggi gestito in collaborazione con la Marriott. Di qui è passato il mondo del calcio, Boskov e Vinicio, Vialli e Mancini, la Sampdoria, il Bologna ed il Cagliari di Gigi Riva (sono un tifoso accanito della squadra sarda, da quando bambino lo vidi giocare nello stadio della mia cittadina) tra le altre squadre, la nazionale russa, due team scozzesi.
Di qua è passato il mondo della politica, del sindacato, dell’industria. Qua continuano ad arrivare decine e decine di convention da tutto il mondo e soprattutto dagli Stati Uniti.

Il Ciocco è su un colle davanti a Barga, con il suo duomo romanico, monumentale ed unico, chiamato anche la Collegiata di San Cristoforo, con il suo centro storico medievale, le sue carraie, i suoi palazzi medievali. Le tante attrazioni culturali, dal Festival di Barga Jazz, al 10 Agosto a Casa Pascoli per la notte di San Lorenzo, alle tante gallerie d’arte alle feste musicali, che animano le nostre piazzette di Barga Castello.
Poi ti fermi, osservi, capisci dove sei, guardi il Forato e la Pania che si stagliano davanti. Capisci perché i fiorentini vollero, dal 1300 in poi, Barga tra i territori amici, capisci perché Pascoli scelse di viverci, capisci perché Antonio Mordini, che fece l’Italia con Garibaldi, volle sempre tornarci. Capisci anche perché tanti turisti amano questo territorio, passeggiano per il centro storico inebriati da un paesaggio così particolare.
Si capisce anche perché io, mia moglie Marianna, i miei figli, tutti noi ovunque siamo nel mondo, pensiamo sempre al ritorno a casa, con felicità.
Questa terra che vide migliaia e migliaia di emigranti nei primi anni del secolo scorso, che fecero fortuna in America e in Scozia e che decisero di tornare, di avere casa, di rendere Barga più bella con le Ville Liberty da loro costruite, oggi è un luogo da visitare, da amare, un luogo dove si viene da turisti e che spesso non si abbandona più. È successo a tanti, alle generazioni successive dei nostri migranti ad esempio, che qui tornano tutti gli anni, non si chiama sindrome di Stendhal, solo perché ha tutti effetti rivitalizzanti e positivi.

Certamente per me Barga è anche il Ciocco, e più precisamente la “casa del Babbino”, dove tutto ebbe inizio. Secondo una leggenda popolare, era stata l’abitazione di un prete, che ci viveva con tre figli, poi diventerà il primo mattone di quello che diventerà il Ciocco. Immerso in 1.000 ettari di boschi prende piano piano vita un piccolo insediamento residenziale che diventa con il tempo un grande centro turistico, con albergo, chalet, bungalow, sale congressi, un auditorium, impianti sportivi, negozi. Un pianeta in mezzo alla natura, e soprattutto esattamente sopra l’ultima casa in cui visse Giovanni Pascoli (oggi è una fondazione museo a lui dedicata e molto visitata da studiosi e scolaresche di tutta Italia) e dove il poeta è sepolto insieme alla devota sorella Maria. Tutto nasce da un appezzamento di terreno sopra Castelvecchio Pascoli, che Luigi Marcucci, mio nonno, regala a mio babbo Guelfo. Siamo alla fine degli anni Cinquanta, la casa del Babbino per l’appunto si “trasforma” in un albergo: otto camere e un ristorante.
All’inizio è una sorta di foresteria per la caccia, un luogo dove ospitare gli amici. Poi negli anni Sessanta, con un grande investimento, le camere diventano cento. Con i primi soldi guadagnati dalle imprese farmaceutiche, per motivi sentimentali e in virtù del legame con la località in cui era nato, mio padre aveva comprato un colle per costruirci uno dei primi resort in Italia. Era un progetto molto visionario per l’epoca,
Un paradiso nel nulla, a trentacinque chilometri da Lucca e a cento da Firenze, non lontano dall’aeroporto di Pisa.

Il Ciocco è l’emblema della storia di un uomo nato in povertà (i suoi genitori emigrarono negli Stati Uniti) – mio padre- che trasforma il suo paese senza attrattive apparenti in un luogo di vacanza, relax e sport. Un sogno che si realizza. Ora è la mia casa, il luogo dove ho vissuto i momenti belli della vita. Il Ciocco non è solo un’azienda, ma un posto magico, un hobby che assorbe energia, soldi e passione. Mio padre mi ripeteva sempre: “Gli hobby costano, ma è il lavoro quello che rende”. Ho cominciato il mio apprendistato prima accompagnando i clienti ai tavoli per le grandi feste o consegnando le chiavi degli appartamenti, poi a 21 anni, nel 1986, ho ricoperto il ruolo di direttore del centro giovani. Ero responsabile di 2.000 ragazzi. Avevo cinquanta assistenti, organizzavo il servizio medico, i trasporti, tutto.
Ma è anche il luogo dove ho conquistato la mia autonomia: mia madre e mio padre vivevano in una suite, io fino a 14 anni in una camera al piano dei miei genitori, quindi con libertà vigilata, la numero 110. Poi dal primo piano al quinto, passai alla 509, fu la conquista dell’agognata indipendenza.
Negli anni Settanta, oltre all’aumento delle camere e delle sale congressi, vengono costruiti i campi di calcio, le palestre. Negli anni si ingrandisce tutta la struttura sportiva e arrivano le grandi squadre per i ritiri estivi. Prima il Bologna di Bulgarelli, poi per otto anni consecutivi il Napoli di Vinicio, l’attaccante brasiliano chiamato nel capoluogo campano “’o lione”.

Oltre il calcio, negli anni abbiamo ospitato un po’ tutte le discipline. Ci passa nel 1974, ma anche nei due anni successivi e nel 1995, il Giro d’Italia. Arrivano i fratelli Piero e Raimondo D’Inzeo, maestri dell’equitazione, la valanga azzurra di Piero Gros e Gustav Thoeni, fuoriclasse del tennis come Corrado Barazzutti e Adriano Panatta, la Nazionale di pallavolo di Julio Velasco, quella di scherma con Valentina Vezzali.
Il Ciocco è tappa per trent’anni della prima prova dei campionati di rally, l’altra mia grande passione, fu sede di una partita di scacchi per i Campionati del mondo e nel 1991 dei Mondiali di mountain bike, ripetuti pochi mesi fa, nell’autunno del 2021.
Poi siamo stati la casa di grandi personaggi del cinema: Ugo Tognazzi organizza in questo luogo le gare di cucina, Renzo Montagnani e Edwige Fenech ci girano le scene di L’insegnante viene a casa. Fanno base al Ciocco – per girare in Garfagnana – Spike Lee, Pierfrancesco Favino, Luigi Lo Cascio e John Turturro per Miracolo a Sant’Anna e Leonardo Pieraccioni, Harvey Keitel e David Bowie per Il mio West. Oggi molto spesso ospitiamo le star che vanno ad esibirsi al Summer Festival di Lucca.
Il core business della struttura è comunque sempre stato legato ai congressi: tra i clienti anche il personale della Nato, le migliori università americane, grandi marchi farmaceutici. Aziende come Mercedes, Gillette, Barilla – che dedicò alla struttura un biscotto che fu chiamato Ciocchino – fanno arrivare nella Valle del Serchio i propri dirigenti per i corsi di formazione e di vendita. Era la ‘ricetta’ del mio babbo, la sua grande lezione, voleva che la sua Barga fosse conosciuta in tutto il mondo, apprezzata per il suo paesaggio e per la sua ospitalità, ed è un’impronta che resiste nel tempo.
Oggi Barga è diventata una capitale del turismo, “Del Bello e del Buono” come ci ha insegnato Pascoli, una piccola capitale del vivere bene, la valle del Serchio una destinazione di tutto rispetto, per il clima, la cucina, la possibilità di fare sport, gli eventi di intrattenimento. Il sogno di Guelfo, che io ho visto crescere, è diventato realtà.