Inutili recriminazioni? No, perché dopotutto è questo il governo che oggi deve prendere decisioni di enorme importanza: come gestire la seconda fase dell’epidemia al nord, come gestirla in un sud tuttora investito assai meno dal contagio, come scaglionare la ripresa della vita sociale ed economica. E poi come affrontare le ferite strutturali del paese, quale tipo di ricostruzione, quali politiche industriali, quale spazio allo Stato e quale al mercato, quali politiche finanziarie per raccogliere gli enormi capitali necessari. E perciò, a monte, quale strategia geopolitica rispetto all’Unione europea e ai nostri storici partner atlantici, al di là dei confusi giri di valzer con la Cina, degli sbandamenti verso la Russia di Putin, dell’improbabile retorica degli “aiuti fratelli”. Si tratta, evidentemente, di un’agenda che avrebbe fatto impallidire perfino i Grandi Vecchi dell’Italia del dopoguerra. Anche perchè, per diventare operativa, una simile ricostruzione dovrà affrontare le piaghe accumulate negli ultimi decenni, quelle che riguardano il funzionamento delle istituzioni, l’ipertrofia normativa, i rapporti centro-periferia, il nodo delle migrazioni, il problema del grande “sommerso” meridionale e il problema della grande evasione fiscale. C’è tutto questo nel futuro italiano e niente di meno di questo, perché ogni questione s’intreccia in modo irrinunciabile alle altre. Ed è tutto all’ordine del giorno. Oggi. La grande crisi epidemica e socio-economica ha brutalmente tagliato i tempi, richiede decisioni ravvicinate, non c’è più modo di tergiversare, temporeggiare, rimandare, secondo un’antica prassi della politica italiana. Il quesito perciò è semplice. Basterà il generale Conte? Basterà il colonnello Di Maio? Basteranno Gualtieri, Boccia, Provenzano? Certo, una classe dirigente non si crea con la bacchetta magica. Né il discorso potrebbe considerarsi chiuso seppure arrivasse il deus ex machina Draghi. Ma da qui ad abituarsi all’idea che saranno i re travicelli di palazzo Chigi a rifondare l’Italia, ce ne passa.
Basteranno Conte e Di Maio per la ricostruzione dell’Italia?
