«Dopo nove anni di immeritato calvario è arrivata l’assoluzione. Accanto alla innegabile gioia in questo momento rimane l’amarezza per i rapporti umani lacerati, per la brusca interruzione di un’attività amministrativa che avrebbe potuto ancora dare tanto alla città e per la progressiva e ineluttabile disaffezione che vicende come la mia creano a tante persone perbene che pure vorrebbero dare il loro contributo alla gestione della cosa pubblica».
Pina Tommasielli, medico ed ex assessore allo Sport del Comune di Napoli, affida ai social questo commento dopo la notizia della sentenza che ha chiuso con una assoluzione la lunga vicenda giudiziaria che la vedeva protagonista. Difesa dall’avvocato Domenico Ciruzzi, Tommasielli è uscita assolta dal processo e questo è sicuramente un risultato per lei e per la sua difesa. Ma la sua storia è emblematica anche e soprattutto per i motivi che la stessa Tommasielli indica nel suo commento social. Assistiamo ancora una volta a processi che durano anni e anni, lacerando rapporti, costringendo a deviazioni forzate scelte professionali e personali.
Processi che nascono da inchieste che entrano a gamba tesa nelle vite dei protagonisti e, quando come in questo caso colpiscono pubblici amministratori, anche nella vita politica della città. Si dirà che esiste l’obbligatorietà dell’azione penale. Ok! Ma non si devono attendere nove anni per avere una risposta dalla giustizia in un processo che non contava cento imputati ma quattro o cinque. Nel processo Pina Tommasielli era imputato in quanto all’epoca dei fatti assessore allo Sport del Comune di Napoli. Ascoltando un’intercettazione gli inquirenti si erano convinti che avesse commesso un reato di peculato. La vicenda riguardava alcuni ingressi allo stadio San Paolo (oggi stadio Maradona) di Fuorigrotta.
Secondo l’iniziale accusa, l’ex assessore aveva fatto entrare gratis i due figli e alcuni loro amici in occasione di tre partite del Napoli inserendo i loro nomi negli elenchi degli studenti che, in virtù di una convenzione tra il Comune e la società Calcio Napoli, avevano all’epoca diritto a entrare allo stadio senza pagare. L’ex assessore si difese sin da subito spiegando di aver aggiunto quei nomi solo dopo che i biglietti richiesti dalle scuole risultarono inferiori ai 470 messi a disposizione dalla società azzurra. È stata assolta. «Un dato è certo – commenta dopo la sentenza Tommasielli – non mi sono arresa mai, la mia storia politica e professionale al servizio della gente continua dai piani alti dei Palazzi al piano terra del mio ambulatorio».
