L’Aquila non è solo una città che si è rialzata: è diventata un laboratorio di coraggio, visione e bellezza. In questa trasformazione, Pierluigi Biondi – con la sua fascia tricolore al secondo mandato – ha cucito insieme i frammenti di una comunità ferita. Non è un caso se oggi è l’ottavo sindaco più apprezzato d’Italia e il primo in Abruzzo, secondo il Governance Poll 2025 del Sole 24 Ore, con un gradimento del 60% (+5,6%): un consenso costruito con il pragmatismo di chi lavora sul campo, con la capacità di ascoltare, includere, decidere e incidere. E con la fiducia di chi ha scelto di non lasciare nessuno indietro. Verso il 2026, anno in cui L’Aquila sarà Capitale italiana della Cultura, la città si presenta come un simbolo di rigenerazione urbana e sociale. Un viaggio inaugurato anni fa e che oggi riceve la giusta gratificazione.
Sindaco, i dati del Governance Poll 2025 sono una sorpresa o questo indice di gradimento era nell’aria?
«Percepisco sempre grande sostegno ed empatia da parte degli aquilani, ma governare il nostro territorio significa confrontarsi ogni giorno con una sfida complicata: quella di incanalare il dolore e i suoi segni verso un’occasione di riscatto. Questo risultato certifica che la fiducia dei cittadini si è rafforzata nel tempo, anche grazie a un lavoro costante, concreto, trasparente. In una classifica dove molti perdono consenso, noi cresciamo ancora: è il segno di una comunità coesa e che riconosce l’impegno a un’intera squadra».
Certamente non era scontato, visto che la ricostruzione edilizia e sociale dell’Aquila dopo il terremoto è complessa…
«Lo è ancora oggi, ma L’Aquila ha dimostrato una tenacia fuori dall’ordinario. Ricostruire edifici, un tessuto economico, un’identità civica non è solo una questione tecnica: è un processo che richiede ascolto, responsabilità e visione. Abbiamo scelto di non fermarci mai, nemmeno nei momenti più duri, e oggi raccogliamo i frutti di scelte, a volte anche avversate, ma rivelatesi necessarie e corrette alla distanza».
Oggi la città ha rialzato la testa e guarda avanti con fiducia, da Capitale italiana della Cultura 2026. Siete un modello guida per le altre grandi città del Paese?
«L’Aquila ha conquistato un ruolo centrale nel dibattito nazionale e internazionale, non più come “città terremotata”, ma come “città del terremoto”. Siamo un modello replicabile possibile: una città media delle aree interne, centro nevralgico delle funzioni istituzionali che, dopo la distruzione, è diventata laboratorio di innovazione e rigenerazione urbana. Il titolo di Capitale italiana della Cultura 2026 è il nostro investimento per la riconnessione sociale e un riconoscimento a questa energia collettiva e al coraggio di un’intera comunità».
L’Aquila è una «città complessa, fragile e forte al tempo stesso»: lo dimostrano i tanti aquilani che scelgono di restare per investire il proprio futuro. L’Amministrazione come ha stimolato questo spirito?
«Abbiamo cercato di interpretare al meglio la missione politica e istituzionale, accompagnando i cittadini verso la certezza della rinascita, attraendo fondi, provando a semplificare la burocrazia, rilanciando e innovando servizi, investendo sulla formazione, la cultura, sostenendo l’università, incentivando l’impresa. Siamo stati presenti, con una visione chiara: restituire ai cittadini il diritto di progettare il proprio futuro in una città viva e connessa».
I dati del Sole 24 Ore sono un segnale positivo per Fratelli d’Italia. Si pensi a Fioravanti e Acquaroli. La classe dirigente si sta consolidando sui territori…
«Credo sia il frutto di una linea politica che valorizza il merito, l’autonomia, il radicamento. E lo studio, le competenze. Fratelli d’Italia ha costruito, passo dopo passo, una classe dirigente credibile e autorevole. Marco Fioravanti e Francesco Acquaroli, come altri amministratori del nostro partito, testimoniano che quando si governa con equilibrio e visione, i cittadini premiano».
FdI è un partito fortemente identitario, ma viene premiato nelle città in cui i suoi sindaci sono concilianti e non rinunciano ai centristi e ai riformisti. È questa la ricetta vincente?
«La vera forza è la capacità di tenere insieme identità e pragmatismo. Governare un Comune significa trovare soluzioni ai problemi reali delle persone con un’impronta politica chiara, ma calata sui contesti specifici, e non fare ideologia. Personalmente, ho sempre lavorato per includere, non per dividere. E credo che i risultati del Governance Poll dimostrino che questa impostazione funziona».
Dopo due mandati e un consenso crescente, immagina un futuro ancora al servizio dell’Aquila o è pronto per nuove avventure, magari anche a livello nazionale?
«Il mio impegno è, oggi più che mai, al servizio dell’Aquila. C’è un percorso ancora importante da completare, a partire dalla sfida del 2026. Le ambizioni personali contano poco rispetto alla responsabilità che sento verso la mia terra. Poi, come sempre, sarà la comunità politica a decidere dove e come posso essere più utile».
