Blinken a Kiev ribadisce il sostegno al popolo ucraino: “Usa a fianco dell’Ucraina”

Gli Stati Uniti rimangono al fianco dell’Ucraina. È questo il messaggio che scaturisce dalla visita a Kiev del segretario di Stato Usa Anthony Blinken. Blitz che serve a ribadire la linea dell’amministrazione Biden in un momento in cui da Oltreoceano sono giunti segnali contradditori sulla politica da seguire. Da diverso tempo i media statunitensi rilanciano indiscrezioni ben poco ottimistiche sul presente e sul futuro della controffensiva ucraina. Tra critiche all’inadeguatezza dell’addestramento, timori di un fallimento o di una guerra ancora più lunga e logorante, diversi analisti e i soliti anonimi funzionari di Pentagono e intelligence hanno più volte evidenziato le lacune di un’operazione militare che può decidere il destino della guerra e della stessa Ucraina.

Blinken, giunto nella capitale del Paese invaso, ha voluto spegnere questi dubbi con una dichiarazione molto chiara: “Siamo tornati oggi a Kiev per incontrare i nostri partner ucraini per discutere della loro controffensiva in corso, dell’assistenza futura e degli sforzi di ricostruzione e, soprattutto, per rafforzare il costante impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Ucraina”.

Parole che sono andate di pari passo con quelle lusinghiere riguardo “i progressi” proprio della controffensiva di Kiev, ma anche con un altro messaggio rilanciato dal capo del Dipartimento di Stato, e cioè che il Paese dovrà avere i mezzi necessari per una prospettiva a lungo termine, perché “l’aggressione non dovrà più ripetersi”. Per questo motivo, Blinken si è presentato al tavolo di Kiev con un nuovo pacchetto di aiuti militari dal valore di un miliardo di dollari.

E a riprova di questo impegno, il rappresentante Usa ha incontrato sul treno verso la capitale ucraina la premier danese Mette Frederiksen, con la quale ha discusso la fornitura di caccia F-16 alle forze di Kiev. Copenaghen si è impegnata per la consegna di 19 aerei entro il 2025. Non una rivoluzione decisiva per il conflitto, ma l’immagine mostrata da Usa e Danimarca è servita a confermare il ruolo di queste consegne anche nell’ottica di un loro utilizzo da parte ucraina in un futuro post-bellico. Una prospettiva a lungo termine, quindi, mentre la guerra continua. Gli ucraini spingono a sud, i russi cercano di penetrare a est, le bombe di Mosca continuano a piovere sul territorio invaso e i droni di Kiev provano a colpire in profondità la Federazione Russa.

La viceministra della Difesa Hanna Maliar ha detto che dall’inizio della controffensiva Kiev ha riconquistato più di 40 chilometri quadrati intorno Bakhmut. Al contrario, i russi ritengono che gli ucraini caduti dall’inizio della campagna estiva siano circa 66mila, con Vladimir Putin che ha parlato di fallimento della controffensiva. Le versioni sono opposte: l’unica tragica certezza è il sangue che continua a scorrere. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha riferito che nell’ultimo raid russo a Kostyantynivka, nel Donetsk, sono rimasti uccisi 16 civili, mentre i droni di Mosca continuano a bersagliare depositi di grano e porti paralizzando l’invio di cereali attraverso il Mar Nero.

Le autorità di Bucarest hanno annunciato che i frammenti di uno di questi velivoli sono precipitati in territorio rumeno, quindi Nato. Il presidente Klaus Iohannis ha parlato di “grave violazione della sovranità”. Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, ha tuonato contro chi critica le tempistiche delle operazioni di Kiev, ma è evidente che la fase di stallo – sottolineata anche da alti esponenti del governo e delle forze armate – abbia ricordato come gli aiuti occidentali siano una boccata d’ossigeno indispensabile. Aiuti su cui Washington vuole però vederci chiaro. E questo vale soprattutto in riferimento alla lotta alla corruzione negli apparati ucraini.

Le parole del presidente lituano Gitanas Nauseda, di certo non tacciabile di ripensamenti sul supporto alla causa ucraina, sono state chiare. “Immaginate se gli elettori di uno Stato vedessero che ci sono scandali di corruzione molto evidenti nel Paese a cui sono diretti gli aiuti. Questo sarebbe un duro colpo per la reputazione di questo Stato” ha chiarito Nauseda. Zelensky aveva già rassicurato gli alleati sulla volontà di combattere questa piaga, al punto da avere proposto l’equiparazione del reato di corruzione in tempi di guerra a quello di alto tradimento. La rimozione del ministro della Difesa Oleksyi Rznikov, colpito dalle pesanti accuse di corruzione che hanno scosso il suo dicastero (ma non la sua persona), va proprio nella direzione richiesta dagli Stati Uniti e da tutta l’Alleanza Atlantica. Al suo posto Rustem Umerov, uno dei più importanti esponenti della comunità dei tatari di Crimea, che ora deve gestire il ministero decisivo per le sorti del Paese, controllando in particolare la gestione del flusso di aiuti provenienti dall’Occidente, a partire dall’ultimo pacchetto portato proprio da Blinken.

Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha voluto precisare che questo nuovo accordo “non potrà influenzare il corso dell’operazione militare speciale”. Ma al netto della propaganda, è chiaro che a Mosca stiano valutando tutte le opzioni anche in base al coinvolgimento Usa. Del resto, anche il capo dell’intelligence estera russa, Sergei Naryshkin, ha ammesso che “le consultazioni tra Svr e Cia sono di natura rara ma regolare” per “ridurre la tensione internazionale e le incomprensioni tra i Paesi”. Segno che nei corridoi di Mosca la linea con Washington non è considerata interrotta.