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A cosa serve la diplomazia

A cosa serve la diplomazia

Pensavamo ingenuamente che l’Europa fosse immune da una piaga “antica” come la guerra e invece abbiamo imparato che non è così. Allora abbiamo invocato il ruolo della diplomazia e l’abbiamo accusata di non fare il suo lavoro. Il problema è che ci rendiamo conto della sua importanza solo quando fallisce, mentre la diamo per scontata, tutte le volte che raggiunge i suoi risultati e lo fa in modo silenzioso per i più.

Per la rubrica di Telos A&S PRIMOPIANOSCALAc abbiamo approfondito questo argomento con Francesco Azzarello, Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario d’Italia in Brasile, in carica dal gennaio 2020. Leggi l’intervista. Per preparare l’intervista, abbiamo approfondito il ruolo della diplomazia e le sue origini. Ci ha subito colpito l’etimologia, che deriva da diploma, una parola che sta per “cosa addoppiata”, ripiegata in due come un documento. Il diplomatico, il portatore del documento, rappresenta il suo Paese all’estero e tutela i diritti dei suoi concittadini nei Paesi stranieri. Nel sito dell’Istituto Diplomatico Internazionale si fa riferimento all’origine di questa pratica. È plausibile che già nella preistoria le tribù mandassero emissari presso le tribù nemiche con il ruolo di negoziatori, per evitare conflitti violenti. In realtà la diplomazia, come la conosciamo oggi, risale al Rinascimento.

Con il conflitto in Ucraina che ferisce il cuore dell’Europa, ci rendiamo conto che mantenere la pace è un lavoro sofisticato e quotidiano, che passa per la politica, l’economia e la cultura. Gli equilibri mondiali sono endemicamente sempre in bilico. Si tratta di equilibri che la diplomazia contribuisce a mantenere attraverso pesi e contrappesi. “Ogni conflitto è, senza mezzi termini, una sconfitta per tutti, a cominciare dalle parti in causa, che va affrontata con la consapevolezza che, come insegnano i due conflitti mondiali del secolo scorso, solo condizioni di pace sostenibili per tutti i contendenti assicurano veramente un risultato duraturo. A questo compito, alla costruzione di legami politici, economici e culturali tra gli Stati che scongiurino il rischio di nuove guerre e creino le premesse di una pace veramente duratura, contribuisce ogni giorno il lavoro della diplomazia”.

Alla luce di queste parole dell’ambasciatore Azzarello, risulta più chiaro cosa intendeva il presidente del consiglio Mario Draghi in visita a Washington l’11 maggio scorso, quando ha sottolineato che c’è pace e pace: “Questa pace deve essere la pace che vuole l’Ucraina, non una pace imposta né da un certo tipo di alleati, né da altri”. Si comprende così qual è il senso di attribuire quell’aggettivo: “duratura”. La pace, per essere tale, deve avere questa fondamentale caratteristica. Altrimenti non può stare in piedi.

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