Bella, bella, bellissima, come dice lei “magnetica” ed effettivamente ne ha ben donde: Maria Belen Rodriguez durante la prima intervista della puntata di ieri 28 ottobre di “Belve” (condotta con il solito riconoscibile piglio dalla giornalista Francesca Fagnani) aveva una luce ipnotica. Lei ne sforza, ne accentua: camminata felina, sedere “a pizzo”, labbro a broncio ma in realtà il suo sex appeal trasuderebbe pure infilata in un sacco, bendata stretta e con le mani legate dietro alla schiena. Così bella da far sognare uomini e donne, o forse no. E difatti questa dea che dovrebbe farsi desiderare da chiunque ha invero rivelato il retroscena del peso di tanta bellezza: il suo confronto intimo con la Belen giovane, la paura di invecchiare, i tanti uomini che si sono susseguiti rapiti dalla sua area ma poco dalla sua anima, la nostalgia del primo amore che profuma tanto di quando lei non era ancora “la più bella” e poteva amare, e farsi amare, con semplicità.
In un’epoca dove tutto è immagine, allora, è davvero un dono una bellezza così straripante? E’ davvero un livello così invidiabile in donne (e spesso anche uomini) drogati di chirurgia che spingono verso canoni di bellezza mai sazi? Nell’intervista la pungente Fagnani ben coglie la gabbia dorata che circonda la soubrette e di cui lei ne porta con fierezza (e sofferenza) il peso. Detto con altre parole si potrebbe dire che la bellezza (almeno così interpretata) non fa la felicità né di chi la porta né di chi gli si affianca: anzi, alla lunga pare diventare un tormento, un dono amaro di qualche Dio greco che si diverte, come appunto nella Magna Grecia, a dare e sottrarre allo stesso tempo, in un’eterna lezione morale per i comuni mortali che inseguono obiettivi che poi, raggiunti, hanno un risvolto doppio e ingannevole.
Oggi, giorno dopo l’intervista, tanti sono i commenti che si accavallano su quanto andato in onda sulle reti Rai e il pubblico pare essersi diviso equamente fra chi la adora (ma lì, ferma, etera, mummificata), chi la compiange per i drammi patiti (che probabilmente le restituiscono un sapore di normalità umana) e chi proprio non la sopporta. “Hanno ragione” chiosa lei “faccio una vita da favola, è ovvio che mi odino”. Una vita da favola che però non ha proprio il sapore della felicità.
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