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Buon compleanno Whitney

Avvocato e scrittore
Buon compleanno Whitney

Il suo nido fu la parrocchia, il suo vento furono i gospel e fu subito tra le nuvole, senza incertezze, senza esitazioni.
La gabbia venne dopo. Il business, il successo, il pop. “Devi sfondare nel mercato bianco,” le dissero.
Allora tra bianchi e neri c’erano ancora pesanti distinzioni e quel che facevano i secondi non era amato dai primi.
Niente blues, niente soul, niente gospel, la musica nella quale si era formata.
Ma il suo primo Grammy lo vinse proprio con Save all my love for you, un brano fortemente blues.
Furono subito record, rimasti sempre imbattuti.
Nel tempio di Wembley consacrato non solo al culto degli dei in mutande e calzettoni ma che è stato anche lo Stonehenge del rock, dei Queen, di David Bowie, di Sting, di Elton John, di Annie Lennox, polverizzò tutti i record inanellando ben dieci concerti consecutivi sold out in uno stadio che, solo nelle tribune, accoglieva 120.000 spettatori.
Era il primo tour della sua carriera e aveva appena ventiquattro anni, fresca degli strepitosi successi dei suoi due primi album.
E poi venne la celluloide e come nei film accadde l’inimmaginabile.
Le proposero un brano country scritto da Dolly Parton nel 1975 che non aveva avuto alcun successo.
Lo rovesciò, lo manipolò, lo trasformò e I will always live you divenne immortale nella storia della musica. Su Youtube raccoglie più di un miliardo di visualizzazioni.
Nessuna come lei, ancora oggi.
Ma l’uccellino in gabbia sapeva che volare non era una malattia.
Al diavolo i discografici, al diavolo le giurie, al diavolo la critica. Rimasero lei, il suo pubblico e la sua musica. Ma l’acuto centrale di quella canzone fu il simbolo di nuove e più grandi conquiste e giunsero subito successi ancora più immensi.
E fece di tutto. Soul, blues, r&b classico e contemporaneo, gospel, la lirica con Pavarotti, cantò Gershwin, Bacharach, l’inno nazionale, il thema delle olimpiadi e dei mondiali di calcio, cantò per Mandela in Sudafrica, nei giorni della sua liberazione, quando per i neri era ancora difficile vivere e per i bianchi era troppo facile sparare. Ovunque vennero giù le tribune e gli stadi furono pieni per settimane intere.
When you believe, assieme a Mariah Carey, le assicurò l’Oscar e ancora oggi è annoverato come uno dei più strepitosi duetti della storia della musica moderna.
L’uccellino era tornato a volare. Ma tra le nuvole ci si poteva perdere.
“Can i be me”, disse. Non si ritrovava più. Molte cose crollarono, quelle della vita semplice, la famiglia, l’affetto paterno, la mancanza di normalità, l’amore.
I look to you sembrò la rinascita e che tutto fosse passato.
Ma non era vero.
E così l’usignolo del mondo volò in cielo, per non tornare più.
Lasciò il mondo più povero e la musica, che in vita la temette d’esser vinta, ora senza di lei teme d’esser morta, per sempre.

Buon compleanno Whitney.
(Newark 9 agosto 1963)

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