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Da Gratteri a Dante, una ripulita alla democrazia è necessaria

Avvocato e scrittore
Da Gratteri a Dante, una ripulita alla democrazia è necessaria

E così, mentre le notizie del contagio scivolano banalmente tra le pieghe nascoste di una cronaca distratta e, con pari banalità, le settimane sgranano le giornate verso il voto con lo stesso entusiasmo con il quale i bimbi nei collegi si accingono a pregare il rosario sotto lo sguardo severo di donne bardate di bianco inamidato, le grigie pagine dell’agenda Italia recitano amene storie che rendono ancor più triste la fine dell’estate di questo strano 2022.

Tra un Gratteri che persiste nelle sue maxi retate alla ricerca di colpevoli da un “tanto al chilo” (perché comunque in mezzo a 200 persone un paio di delinquenti veri certamente ci capiteranno) e le notizie sulle scorte del gas che rendono così incerto l’incipiente inverno che gli intolleranti del caldo, e  amanti del “fresco”, già probabilmente rimpiangono i 40 ruggenti di giugno, le storie che il bel paese ripone nel libro dei ricordi sono di una tristezza talmente bolsa che Verlaine a confronto sembra un “dj” al carnevale di Rio.

Non aiuta la politica. I sondaggi irrompono nella vita degli italiani, con la stessa impertinente arroganza con la quale le pubblicità spezzettano le partite o i banner disturbano i siti internet, e ci raccontano di mezzi punti in più o in meno che questo o quel partito scorrono nella scala del gradimento, mentre i tifosi esultano come fossero goal che determinano il risultato finale. C’è da chiedersi per quale motivo andiamo a votare, tanto i guru del vaticinio hanno già previsto tutto e i leader cantano le vittorie, si auto proclamano incaricati di comporre il governo e annunciano le liste dei ministri anticipando le furibonde liti intestine.

E fa niente che la costituzione recita che per governare è necessario avere una maggioranza ampia e non risicata della rappresentanza parlamentare (per prevenire improvvisi mal di pancia o ipertrofie prostatiche) e che l’incarico lo conferisce il Presidente della Repubblica e non discende direttamente da Dio, epigoni dell’imperatore di Ajaccio.

La Meloni invece si incorona premier, Salvini annuncia nuovi decreti salva-sbarchi e Berlusconi da lo sfratto a Mattarella. In questa kermesse di amenità e previsioni elettorali in cui ci si affida all’Altissimo, per chi crede come Salvini, o a Paolo Fox per chi confonde il laicismo con la trasgressione, come è solito il Cavaliere, un paio di certezze ci sono. Entrambe negative, e di molto.

Non sarebbe il caso di dimenticare che stiamo andando al voto in conseguenza di uno scioglimento anticipato delle camere, decretato in piena estate, che ha obbligato gli italiani, che avrebbero voluto trascorrere finalmente una vacanza serena, a dover sopportare tutte le polemiche e i rumors che fanno da contorno a una crisi di governo. Non bisognerebbe ancora dimenticare che il governo è stato decapitato in un momento in cui il paese stava, e sta, attraversando una crisi energetica senza precedenti mentre la gestione dei fondi del PNRR stava finalmente dando un po’ di respiro all’economia del paese. Non bisogna infine dimenticare che c’era un premier, che godeva della fiducia del paese e che aveva restituito all’Italia il suo prestigio internazionale, che è stato letteralmente strappato dal suo ruolo per meri e patetici interessi di bottega. Protagonisti in negativo un tal Conte, che non poteva sopportare lo sfregio del suo ex amico di partito e al quale doveva rendere la pariglia e dimostrare di saper reagire, e Salvini che  pretendeva il baratto del Viminale.

I più esperti parlano della mano occulta di Putin che avrebbe orchestrato per decapitare e punire i principali governi europei, eliminando così avversari molto determinati.

Se é vero non è dato saperlo.

È certo però che Conte e Salvini sono stati, negli ultimissimi anni, i più ferventi “lecca-lato b” del gerarca russo così come è vero che le frasi sprezzanti ripetutamente pronunciate da Medvedev, il numero due del Cremlino, sono più che un indizio. Resta il fatto che nella coda di questa strana estate ci ritroviamo ad andare al voto con la somma dei fastidi che si fa sempre più alta rispetto a quella degli entusiasmi che invece svaniscono come nebbia al sole.

Un fastidio che è accresciuto dal senso di profonda pena che ha dato il balletto delle candidature che, un po’ ovunque, ha ricordato faide e tradimenti, colpi bassi e coltellate alle spalle, roba che la Roma dei Borgia, a confronto, era un gioco ai quattro cantoni di una banda di adolescenti. Qualcuno dirà che è sempre stato così. Certo, fenomeno figlio della “nomina”, perché se ci fossero state le preferenze il 90% di coloro che sbraitano e sgomitano per candidarsi si tirerebbero indietro perché non raccoglierebbero neanche il voto del loro condominio.

Ma questa volta il fenomeno si è acuito perché parimenti figlio di una altra scelleratezza epocale della politica nostrana.

C’è solo da sperare che quegli sciamannati che hanno concepito il taglio dei parlamentari oggi si stiano martellando lì dove fa più male perché loro ne sono le vittime principali.

Si chiama legge del contrappasso ed è il frutto della mente di una delle più eccelse intelligenze della nostra storia che forse già tra il ‘200 ed il ‘300 aveva saputo prevedere la pena di una certa politica italiota: si chiamava Durante ma voi lo conoscete con il nome di Dante Alighieri.

Con la presa in giro della riduzione dei costi della politica e indorata dal sapore ipocrita del populismo anti-casta la riforma del taglio dei parlamentari è la peggiore scelleratezza che la storia contemporanea della politica italiana abbia mai visto.

Uno sfregio alla democrazia che, dai tempi di Aristotele, è pluralista e non oligarchica, e un risparmio inesistente se si pensa che queste elezioni anticipate costano come due anni e mezzo di vita dell’intero parlamento e che per costruire cinque chilometri di una superstrada, con un pezzetto di galleria, lo stato spende oltre duecento milioni di euro (vedi dati per il completamento della “fondo valle – Sangro” in Abruzzo).

Ma è dai tempi di Barabba che quando le masse scelgono preferiscono la pancia alla materia grigia e sono spesso vittime di chi le sa manipolare e utilizzare.

In molti proclamano quel che faranno non appena saranno nella stanza dei bottoni e giù con l’elenco delle proposte da fiera delle meraviglie. Tutte inutili o impossibili.

Cosa farei io?

Due cose. Il ripristino delle preferenze e l’abolizione dei sondaggi.

In effetti ci sarebbero provvedimenti più urgenti per salvare o proteggere le tasche degli italiani.

Ma ci metterei mano il giorno immediatamente successivo. Perché prima bisogna dare una bella ripulita alla democrazia, è il bene più importante.

E così, forse, Gratteri non manderà più in overbooking, il sistema carcerario.

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