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Da oggi a Bose c’è l’acqua calda

Giornalista e saggista
Da oggi a Bose c’è l’acqua calda

I rapporti interpersonali sono sconosciuti per la Chiesa e ancora di più le dinamiche dei gruppi e la gestione dei conflitti. Lo vediamo nella vicenda di Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose (Biella, Piemonte). La storia è semplice: nel 1965 Bianchi la fonda, raduna un gruppo di adepti monaci (laici) e va fortissimo: ecumenismo  con convegni internazionali e una regola monastica e approvazione canonica. Negli anni i monaci e le monache sono diventati 80 con diversi monasteri in Italia. Nel 2017, a 74 anni, decide che può lasciare e viene nominato un nuovo priore. E nel 2020 esplodono i problemi ( che evidentemente già c’erano…): a maggio scopriamo che c’è stata una “visita apostolica” del Vaticano per dirimere i conflitti tra il fondatore e il resto della comunità e soprattutto il suo successore (eppure bene si conoscono!). Bianchi è oggetto di un decreto di allontanamento. Dolore, sconcerto e chi più ne ha più ne metta nel mondo cattolico.  Ma Bianchi non se ne va. Fino all’altro ieri quando il Visitatore apostolico – che ha pieni poteri ma evidentemente non gli servono a molto – decreta la madre di tutte le soluzioni. Bianchi e un piccolo gruppo che possa assisterlo vanno in un altro monastero in quel di Siena (dintorni) entro il 16 febbraio. Ma il colpo di genio è qui: il nuovo ritiro non è più un monastero di Bose, accoglie il fondatore in “comodato d’uso gratuito” e i  monaci presenti vengono ri-assegnati ad altri centri.

Insomma un tentativo contorto. Per non dire l’indicibile: non si sa che fare quando i conflitti interpersonali esplodono, quando vengono a galla invidie, gelosie, rivalità. E il caso molto umano di un fondatore che si fa da parte e si sente escluso dai suoi figli (spirituali, s’intende, ma per lui evidentemente sono proprio figli che devono continuare ad obbedire…) diventa uno sconquasso ingestibile. Qui il non detto è molto più pesante di quanto viene raccontato. E soprattutto la comunità nel suo insieme tace. Meglio sarebbe dire: sì, litighiamo e non sappiamo come fare!

Invece no. Hanno briglia sciolta quei saggi commentatori su “La Repubblica” e su “Domani” che mettono in causa il Concilio Vaticano II, il rinnovamento della Chiesa, Papa Francesco che è a favore di Bose e avrebbe sbagliato (ancora!!) e insomma collocano una vicenda di dispetti e potere mal gestito dentro un quadro di geopolitica ecclesiale completamente fuorviante.

La verità è semplice, come dico più in esteso su “Il Riformista” di oggi a pagina 11: la Chiesa ha scoperto l’acqua calda: i conflitti interpersonali. Inutile affannarsi a ideologizzare le situazioni, a dire che dobbiamo essere buoni e volerci bene per “contratto di lavoro” perché il perdono è evangelico. Sarà pure evangelico ma desiderio di potere, invidia, gelosia, se non sono evangelici (e lo sono!) sono sentimenti molto umani ed entrano in gioco nelle relazioni interpersonali. E’ necessario saperli affrontare. Se il Visitatore Apostolico si fosse rivolto, che so, alla psicologia relazionale sistemica – che non è contro la Chiesa, non è la psicologia del profondo (pericolosa!!!) – avrebbe di sicuro dipanato meglio e prima le controversie.

Beata ignoranza dell’esistenza dell’acqua calda, cioè dei conflitti interpersonali. Che vanno chiamati con il loro nome. Speriamo che a Bose e più in generale in tutti i gruppi chiusi, ne possano scoprire l’importanza invece di metterli sotto il tappeto.

Adesso vedremo se Enzo Bianchi andrà davvero in Toscana. Già a maggio aveva accettato di sloggiare ma poi è restato lì a Bose.

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