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La paura di vincere

Avvocato e scrittore
La paura di vincere

Quanto di quel che accade oggi si ripeterà a febbraio?

Le spallate a Draghi delle fronde barricadere, di quella che viene chiamata ancora per poco maggioranza di governo, sono forti ma non troppo.

E non si tratta della inconsistenza dei loro argomenti, non dipendono dal loro carattere squisitamente strumentale volto a dare del sangue ai loro seguaci assiepati sugli spalti del Colosseo.

Non è per queste ragioni che non sono colpi forti; figuriamoci, hanno una tale faccia di bronzo, che a confronto il portone del Pantheon sembra di cartone, e non avrebbero alcuno scrupolo né proverebbero vergogna ad andare fino in fondo nella loro azione di sabotaggio all’attuale premier e al suo governo. Il motivo è un altro. È vero che in molti hanno bisogno di uscire dalla palude della omologazione politica, che inevitabilmente le maggioranze ampie comportano, per risollevare sondaggi in picchiata, ma tutti, proprio tutti, aborrono le elezioni anticipate.

E non si tratta di nutrire sacro rispetto per le istituzioni, che di regola dovrebbero andare al voto a scadenza naturale, non si tratta di non rompere le balle agli italiani in vacanza e non si tratta, infine, neanche del fatto che il trenta per cento in meno di parlamentari terrorizza i circa mille componenti delle due camere; no, non è neanche quest’ultimo aspetto anche perché in politica i generali se ne fottono del massacro delle loro truppe.

Il motivo è un altro. Sono le drammatiche sfide che il paese affronterà in autunno che terrorizzano i leader della politica paesana. Dalla crisi energetica all’aumento vertiginoso dei prezzi, dall’inflazione allo spread, dal possibile reinsorgere del Covid ai problemi del lavoro, e a tutta quella sequela di altri casini in arrivo che ora non mi vengono in mente, la nave Italia sta per affrontare un mare talmente in burrasca che nessuno vuole mettersi al timone. Non ci si vuole mettere Giorgia, ma neanche Salvini nonostante perseveri nelle sue sparate propagandistiche fatte di aria fritta. Ma non lo vogliono neanche dall’altra parte della barricata, ammesso che il PD abbia finalmente capito cosa effettivamente vuole. Probabilmente non ci si metterebbe neanche Artemisia di Alicarnasso, celeberrima per la sua bellezza e per la sua abilità di navigatrice, che si defilerebbe come fece a Salamina.

Si chiama “paura di vincere”, ed è quella che frena oggi le spinte politicamente sovversive di molti. Una frenata talmente evidente, per le strisce nere sulla pista, che fa supporre uno spiattellamento delle gomme, ergo, che sia in atto un gioco a perdere. E mica sarebbe una novità nella storia di questo paese successa in passato, anche nella prima repubblica, in coincidenza con gravi situazioni di crisi.

Se la vedesse Draghi fino in fondo, è il pensiero dominante.

Il problema sarà vedere cosa ci sarà dopo quel fondo. Cercare di capire, ora, cosa potrà succedere a febbraio. Non delle strategie politiche ma della situazione del paese. Se i gangli, che ora terrorizzano tutti, si saranno sciolti.

Se la guerra sarà avviata verso una soluzione, se i prezzi dei carburanti torneranno ai livelli del 2021, se durante i primi mesi dell’inverno ci saremo scaldati a sufficienza, se l’inflazione scenderà, se avremo finalmente sconfitto il Covid e magari pure qualche altra brutta malattia, se non esploderanno tensioni tra le fasce sociali, se non ci sarà crisi del lavoro e le aule scolastiche potranno essere frequentate senza rischi, se gli equilibri internazionali non saranno scoppiati e procederanno verso una normalizzazione, se infine la coppia Totti – Blasi avrà fatto pace. Perché se ciò non avverrà quel “gioco a perdere” che abbiamo visto oggi potrebbe riproporsi.

E già perché la vedo dura che ci sia qualcuno che abbia davvero voglia di andare a Palazzo Chigi con il bomber in piuma d’oca e la borsa dell’acqua calda.

E francamente c’è da chiedersi se non è il caso di augurarsi che ciò accada.

Honi soit qui mal y pense.

 

 

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