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L’infertilità è un problema maggiormente maschile o femminile? Risponde lo specialista dottor Francesco Tomei

Avvocato, Giornalista Pubblicista e Presidente "Consiglio per la Parità di Genere"
L’infertilità è un problema maggiormente maschile o femminile? Risponde lo specialista dottor Francesco Tomei

Intervisto il dott. Francesco Tomei, specialista in Ginecologia ed Ostetricia con attenzione specifica alla Biologia della Riproduzione.

Esperto di tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di 1°, 2° e 3° livello, dirige Equipe, pubbliche e private, che eseguono cicli di PMA omologa ed eterologa, Socio Fondatore della Società Italiana della Riproduzione Umana (S.I.R.U.).

Dott. Tomei, quanto incide la fertilità di coppia (ovvero la capacità di procreare) sul problema della natalità (ovvero il numero dei nati) che sappiamo porre l’Italia al secondo al posto come peggior Paese per nascite?
L’infertilità e la denatalità rappresentano un grande problema medico-sociale-politico-economico di difficile  risoluzione per due sostanziali motivi: crescere un figlio al giorno d’oggi richiede un impegno economico importante per le maggiori esigenze dei giovani di oggi rispetto al passato; si sono dimezzate, anche solo rispetto a 50 anni fa, le donne in epoca fertile.

Da un punto di vista medico, quali misure sono davvero efficaci per contrastare l’infertilità di coppia?
Gli unici due veri supporti alla fertilità e quindi, conseguentemente, alla natalità, sono le tecniche di crioconservazione degli ovociti in età giovane per le donne (almeno 20 ovociti prelevati prima dei 35 anni) e diagnosi precoci sull’uomo (che una volta erano assolte con le visite di arruolamento obbligatorio). Oggi le tecniche di riproduzione assistita garantiscono più del 4% dei bimbi nati in Italia e se vogliamo che per il futuro questa percentuale cresca (con una significativa contribuzione della medicina ai numeri sociali della natalità), il Servizio Sanitario Nazionale dovrà organizzare una strategia battente di crioconservazione nei 66 Centri ospedalieri pubblici (obiettivo tra l’altro previsto in GU). Oggi la crioconservazione  volontaria degli ovociti (cd Social freezing) è garantita dalla maggior parte dei 107 Centri privati e 17 convenzionati autorizzati in tutta Italia con un costo medio di 3000 euro a procedura.

L’infertilità è un problema maggiormente maschile o femminile?
Dall’ultimo report del Ministro di gennaio 2025 (dati del 2022) si evince che il fattore maschile ha raggiunto quasi il 40% se associato anche al fattore femminile. Rappresenta pertanto una vera e propria realtà, forse ancora troppo poco valutata con diagnosi tardive rispetto a 20 anni fa quando, come dicevo, con la visita di leva obbligatoria i maschi avevano l’opportunità di una diagnosi precoce: per questi motivi la percentuale del fattore maschile potrebbe esser forse sottostimata. In ogni caso, dai dati che abbiamo del 2022 su questo aspetto, si sappia che solo l’infertilità maschile pesa tre punti percentuali in più rispetto al problema peggiore femminile ovvero la scarsa riserva ovarica (pochi ovociti).

Oggi giorno l’età delle mamme si è di molto alzata. come si concilia questo desiderio con il declino oggettivo della loro fertilità? esiste lo stesso problema di fertilità anche per gli uomini dopo una certa età?
Come noto le donne di età superiore ai 35 anni presentano un rischio maggiore di infertilità, problemi di gravidanza, aborto spontaneo, malformazioni congenite e problemi postnatali.  Ciò è dovuto all’invecchiamento ovocitario che consente l’ottenimento di un buon embrione (euploide) con soli 4 ovociti entro i 34 anni e  con ben 20 ovociti oltre i 42 anni. Esistono invece opinioni contrastanti sul fatto che l’età del padre influenzi la qualità del suo sperma o la sua capacità di procreare e  non esiste una definizione univoca e accettata di vecchiaia per un padre. Sappiamo comunque che infertilità maschile è associata al processo di invecchiamento molecolare che influenza qualità dello sperma. Numerosi gli studi hanno dimostrato che l’età paterna influenza vari processi biologici, come stress ossidativo, mutazioni del DNA, anomalie cromosomiche, microdelezioni del cromosoma Y, allungamento dei telomeri, aberrazioni centromeriche, modelli epigenetici. Tutto ciò può giustificare il fatto che  la fertilità maschile diminuisca con l’età. Infatti i parametri spermatici maschili non subiscono alterazioni evidenti fino all’età di 34 anni. Dopo i 40 anni, il numero di spermatozoi di un uomo e la percentuale di spermatozoi vitali iniziano a diminuire. Oltre i 45 anni, viene prodotto meno sperma e la motilità degli spermatozoi inizia a diminuire intorno ai 43 anni.

Ad una coppia di over quarantenni che desidera avere un figlio (che non arriva naturalmente), qual è il primo consiglio che si sente di dare?
Certamente il primo consiglio è quello di contattare, dopo 5/6 mesi di insuccesso riproduttivo, un Centro PMA tra quelli autorizzati dall’ Istituto Superiore di Sanita e elencati, per Regione, nel loro sito.

Di questo passo, con un trend così grave di natalità acuito col peggiorare delle condizioni procreative, a cosa stiamo andando incontro?
All’estinzione delle famiglie così come tradizionalmente le intendiamo. Spero ovviamente che questo scenario non avvenga e che nessuno di noi dimentichi le proprie origini.

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