BLOG

Ponti, strade, ferrovie: l’Italia raccontata dalle grandi opere che non ci sono

Docente, Giornalista, Scrittore e Saggista
Ponti, strade, ferrovie: l’Italia raccontata dalle grandi opere che non ci sono

Tra cantieri infiniti e promesse mancate, le infrastrutture restano lo specchio fedele delle contraddizioni italiane: sospese tra sviluppo e immobilismo. Le infrastrutture, in Italia, hanno sempre avuto una reputazione ambigua. Da un lato rappresentano la promessa del progresso e della modernità; dall’altro evocano l’immagine di appalti oscuri, cantieri infiniti, scandali e ritardi che sembrano parte di un destino ineluttabile. Ogni volta che si annuncia un nuovo ponte, una ferrovia, un’autostrada, si alza un coro di sospetto: “chissà quali interessi si nascondono dietro”. È un riflesso condizionato, forse comprensibile, ma che rischia di farci dimenticare il valore reale delle opere pubbliche quando sono ben fatte e ben pensate.

Ponti, strade e ferrovie non sono soltanto infrastrutture fisiche: sono arterie vitali che tengono unito il Paese, permettono lo sviluppo economico, favoriscono la circolazione delle idee e delle persone. In una nazione come l’Italia, geograficamente complessa e spesso frammentata, la qualità delle infrastrutture è una questione non solo tecnica, ma culturale e civile.

Eppure, l’Italia resta il Paese delle grandi opere mancate. Il Ponte sullo Stretto, la dorsale adriatica dell’alta velocità, le metropolitane incompiute, i porti abbandonati: ognuno di questi progetti, mai portato a termine, racconta un pezzo della nostra incapacità di visione. Racconta la distanza tra le ambizioni di una politica che promette e la realtà di un’amministrazione che fatica a realizzare. Le opere che non ci sono sono una forma di racconto nazionale: parlano di rinvii, di burocrazia, di timori ambientali legittimi ma spesso strumentalizzati, di una cronica mancanza di pianificazione. Ma raccontano anche un Paese che, nonostante tutto, continua a sognare.

Oggi più che mai servirebbe un cambio di prospettiva. Non grandi cattedrali nel deserto, ma opere utili, sostenibili, inserite armoniosamente nel territorio. Infrastrutture che creino lavoro vero, che colleghino ciò che è separato, che riducano le disuguaglianze anziché accentuarle. Perché un Paese si misura anche da come costruisce — non solo gli edifici, ma i ponti, materiali e simbolici, che collegano persone, regioni e visioni. E forse è proprio da qui, da un cantiere che riparte, che può rinascere l’idea di una nuova Italia.

RIFOCAST - Il podcast de Il Riformista

SCOPRI TUTTI GLI AUTORI