Per la verità ci aveva già abituati da un pezzo. Negli ultimi periodi, che lo hanno visto protagonista della politica, era ormai aduso a dire la prima cosa che gli veniva in mente e spesso bugie spudorate, panzane succulente che però l’onnivoro popolo dei suoi fans digeriva senza alcuna pesantezza di stomaco. Dalla promessa di sconfiggere il cancro, alla famosa foto-ritratto in maglietta rossonera ostentata in tv a reti (mediaset) unificate, tra politica e Milan di burlonate ce ne ha raccontate parecchie.
Ma ultimamente ha iniziato a spararle grosse, forse per una incipiente senilità. L’ultima è la promessa, o il proposito, non s’è capito bene, di introdurre il “presidenzialismo”. Detta così non vuol dire un cacchio e se sommata a quel “un Presidente eletto dal popolo”, che costringerebbe Mattarella a dimettersi, aumenta solo la confusione.
Qui ci vorrebbe Totò con il più classico dei suoi “mi faccia il piacere!”. E non per partito preso, non perché l’ha detto Berlusconi, ma per profonde ragioni tecniche e di sostanza.
Innanzitutto per fare quello che il “cav.” sogna occorre una riforma costituzionale, per adottare la quale è necessaria una ptocedura complessa, una maggioranza dei due terzi in entrambi i rami del parlamento oppure un referendum e ammennicoli vari. Considerando che, al di là delle farneticazioni di qualche ultimo sondaggio, il centrodestra non si sa se avrà i numeri in parlamento per formare un governo figuriamoci se avrà quelli per riformare la costituzione.
Poi si tratta di interpretare il Berlusconi pensiero. A quale Presidente si voleva riferire? Dall’accenno a Mattarella sembra che alludesse al sistema di elezione del Presidente della Repubblica, ma detta così è una cosa che non ha senso.
Per gli amanti del maggioritario avrebbe più senso introdurre l’elezione diretta del premier, del capo del governo, lasciando a tale scelta il sistema maggioritario e riportando il proporzionale alla elezione dei membri delle due camere. Un po’ come avviene per la elezione dei sindaci e dei consigli comunali.
Poi Berlusconi ha profferito la parola magica: “presidenzialismo”. Ma questa è un’altra cosa ancora. Per adottare un sistema all’americana si tratterebbe di stravolgere tutta la seconda parte della costituzione (specie i primi tre titoli) per sommare ai poteri del Presidente della Repubblica anche quelli del capo del governo di cui verrebbero ridisegnate tutte le funzioni.
Al di là delle incognite che si nascondono dietro una tale ipotesi, si tratterebbe di un’opera di ingegneria costituzionale talmente complessa e ricca di così tante sfumature che conoscendo gli italiani, specie quelli in politica, per scrivere la prima frase della riforma ci vorranno dieci anni.
Ma dalle sue parole non sembra che Berlusconi abbia fatto tutte queste valutazioni, anzi sembra che sulle stesse sia un po’ confuso, o che siano state proferite con superficialità.
Del resto la dicono lunga anche le espressioni spiazzate dei suoi alleati e quegli occhioni stupiti della Meloni e il ghigno beffardo di Salvini sembrano dire : “ma che ci azzecca!”
Probabilmente l’ha buttata lì solo per coltivare la sua ambizione di essere eletto Presidente della Repubblica, magari aspettandosi una votazione plebiscitaria degli italiani che lo consacri, come lui stesso si è definito, “il più grande statista italiano”.
Poi magari non ci stupiamo però se la prossima proposta sarà quella di ripristinare la monarchia e trasferire la reggia dal Quirinale a Villa San Martino ad Arcore.
A meno che non punti all’abito bianco e alla finestra su piazza San Pietro. Hai visto mai?
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