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Referendum giustizia, al voto per barrare 5 “sì” in barba alla congiura del silenzio

Avvocato e scrittore
Referendum giustizia, al voto per barrare 5 “sì” in barba alla congiura del silenzio

Mentre il paese scivola lentamente verso le ferie della politica, tra le comparsate del “re dei procuratori” e il corteo del Gay Pride scorrono invece veloci i giorni verso il voto ai referendum sulla giustizia.

Nonostante ciò la musica, rispetto alle settimane scorse, non cambia: il silenzio.

Ma non quello che nelle caserme ammoniva i marmittoni di smettere di fare casino e andare a dormire. Il silenzio vero, quella coltre di vuoto mutismo che accompagna la vergogna dei colpevoli.

E non serve la scusa di essersi distratti nel tentativo di capire se era più lo stupore per i proclami da superman di Gratteri o la indignazione per il topless della “sacra effige”, portata a spasso nel corteo del mondo omosessuale.

Senza dubbio potevano risparmiarci entrambe le esibizioni e le forti emozioni, ma tanto nulla sarebbe cambiato.

A parte il lodevole impegno di radicali e socialisti che si stanno letteralmente spannicando nell’illustrare le ragioni del “sì”, i balbettii che dagli altri serpeggiano non sono decorosi.

Qualche eroica adesione individuale dell’ultima ora tra i leghisti; le contraddizioni di “iosonogiorgia” che ha aspettato sino all’ultimo a prendere posizione, per fiutare le emozioni della piazza, e non avendo fiutato nulla se ne esce con un pilatesco “sì” a 3 su 5 dei quesiti, probabilmente presi a casaccio; i 5 “no” di Letta, mescolati con la “libertà di scelta”, che trascinano il PD nel più drammatico degli appiattimenti sulla ex armata pentastellata.

Da quest’ultimi poi trafila una di quelle che fanno ridere come fece Anacleto, il gufo di Merlino, nel film “La spada nella roccia”.

“Se viene abrogata la Severino (legge) i condannati per mafia potranno entrare in parlamento o andare a fare i sindaci”, tuonano gli epigoni del prof. Conte.

Ma quando mai. Come se prima dello sciagurato decreto legislativo (di quella che certamente non è stata il miglior ministro della giustizia della nostra storia) non esistesse nulla, alcuna normativa che sancisse ineleggibilità e incompatibilità a tutti i livelli.

E già perché non è che Paola Severino si è inventata l’acqua calda. Ha solo rimodulato, in peggio, una serie di leggi e decreti già esistenti (per esempio il Capo II del Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n.267), che regolavano ampiamente e meglio la materia e non prevedevano veri e propri aborti giuridici come il vigente sbarramento alle candidature, anche in presenza di condanne non definitive, o la sospensione dei sindaci con un semplice capo di accusa. Mancano solo i roghi e poi sarebbe roba da Torquemada e Santa Inquisizione e già questo sarebbe un ottimo motivo per abrogare tale legge e far rivivere la legislazione precedente.

Ma, in barba alla congiura del silenzio, sono diverse le questioni che dovrebbero spingere gli italiani ad andare a votare 5 sì. E non certo per fare la guerra ai giudici o mandare a spasso i mafiosi. Chiunque ci capisca un pochino o abbia un minimo di buon senso sa che si tratta di robe diverse. Anche la magistratura ha bisogno di modernità, di regole nuove che smontino la torre d’avorio ove è sino a ora vissuta, che la tramutino da casta intoccabile a categoria professionale con i suoi privilegi, ma anche con i suoi doveri e le sue responsabilità.

Lo si deve agli italiani, ma anche ai tanti nuovi, bravi e giovani giudici che hanno molto entusiasmo e poco sanno e vogliono sapere di congiure e baronati,  di lobby e potere, di quei miasmi che hanno affollato alcuni corridoi oscuri del mondo togato.

Perché altrimenti significa ignorare tutto, fare come le tre scimmiette e scegliere solo se non vedere, non parlare o non sentire.

E fa niente se le correnti politiche dei giudici strangolano e inquinano il CSM; fa niente se i giudici  che indagano, arrestano e accusano si scambiano con quelli che giudicano; fa niente se molti innocenti vanno in galera prima del processo per poi uscirne con “tante scuse” da parte dello Stato ma con la vita devastata; fa niente se nessuno sorveglia e valuta le carriere dei giudici come funziona per tutti i dipendenti pubblici.

Tanto come sempre noi italiani ci accorgiamo di un problema, di un disservizio, di una ingiustizia solo quando ci tocca da vicino.

Domenica o si va al voto per barrare 5 “sì” oppure simul stabunt simul cadent.

 

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